Economia

Ora interviene l’Onu: «La Bce tagli i tassi»

da Milano

Il pressing, ormai, è a tutto campo. C’è perfino l’Onu a soffiare sul collo della Bce, con la richiesta di «abbassare immediatamente i tassi di interesse». Eppure, salvo clamorose sorprese, anche nella riunione di oggi l’istituto centrale di Francoforte sarà costretto a temporeggiare. A causa dell’inflazione montante e dei segnali di rallentamento del ciclo economico, il costo del denaro resterà inchiodato al 4%. Le notizie arrivate ieri dalla Germania sono tutt’altro che incoraggianti sulla tenuta dell’area: contrazione della produzione industriale (meno 0,9% in novembre), vendite al dettaglio in calo (meno 1,3%) ed export che segna il passo (più 0,4%).
Così, a fronte di ripetute indicazioni congiunturali negative, si moltiplica il numero degli economisti secondo cui sono ormai ridotte le possibilità che l’euro zona possa nel 2008 «crescere vicino al potenziale», come ripeteva fino a non molto tempo fa il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet. Difficile, d’altra parte, pensare a un’Europa in grado di non subire le conseguenze dei venti di crisi che soffiano sugli Stati Uniti, dove Goldman Sachs si è unita al coro di quanti considerano inevitabile la recessione («Ma è presto per dirlo», ha replicato William Poole, della Fed di Saint Louis) e dove la crisi generata dai mutui subprime è ben lontana dalla risoluzione. In una Wall Street tenuta in scacco dai timori recessivi, Countrywide, sempre a rischio fallimento, ha preso ieri un’altra batosta (meno 15%) per l’aumento delle insolvenze e dei pignoramenti in dicembre, mentre è capitolata un’altra testa eccellente, quella dell’ad di Bear Sterns, James Cayne.
I mercati attendono con trepidazione l’intervento previsto per oggi del numero uno della Fed, Ben Bernanke, per capire quanto siano fondate le probabilità di una sforbiciata ai tassi di mezzo punto in occasione della riunione di fine gennaio. Un’ipotesi, peraltro, sempre più «gettonata».
Al di là dei risultati ottenuti, l’impressione è che l’America stia mettendo in campo tutte le contromisure possibili per rilanciare la crescita, l’ultima delle quali è il pacchetto di stimoli su cui sta lavorando dell’amministrazione Bush basato su rimborsi fiscali fino a 500 dollari e su detrazioni riservate alle imprese. L’Europa, a parte la convocazione di un summit a quattro fra Italia, Inghilterra, Germania e Francia per mettere a punto un piano anti-crisi, sta invece facendo ben poco, nonostante l’immobilismo della Bce piaccia sempre meno alle famiglie strangolate dai tassi di interesse sui mutui e alle imprese.
Heiner Flassbek, economista dell’Onu, è convinto che «l’Eurotower agisce troppo tardi e in modo non sufficiente» e invita Trichet a «stimolare l’economia più di quanto non abbia fatto finora». Un appello destinato a rimanere verosimilmente inascoltato, a fronte di un’inflazione attestata al 3,1% in dicembre.

Un livello inaccettabile per una banca centrale che ha nel proprio statuto l’obiettivo prioritario della stabilità dei prezzi.

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