Cronaca locale

Sparò al rivale in amore, il pm chiede la condanna a 20 anni

La richiesta del pm di Agrigento nei confronti di Gianluca Scaccia ad una condanna di 20 anni per aver sparato al rivale in amore

Sparò al rivale in amore, il pm chiede la condanna a 20 anni

Vent'anni di carcere: questa è la richiesta di condanna che il pm di Agrigento Alessandra Russo ha avanzato nei confronti di Gianluca Scaccia, 36 anni di Canicattì in provincia di Agrigento, accusato di aver sparato al rivale in amore, Vincenzo Curto di 33 anni. Proprio quest'ultimo avrebbe scatenato le ire e la gelosia di Scaccia, visto che avrebbe tentato di riconquistare l'ex moglie, ormai in una relazione con Scaccia. Ma la vittima dell'agguato, ha detto il magistrato, "dopo avere indicato ai carabinieri dettagli e movente del tentato omicidio ha negato tutto in udienza ed è fuggito all'estero. Sarebbe riduttivo dire che è reticente, è un codardo".

Era il 22 giugno del 2017. L'episodio è avvenuto in vicolo Stamura a Canicattì. Curto, pastore come Scaccia, venne ferito all'addome e alla coscia da colpi di arma da fuoco. Secondo l’accusa il movente sarebbe del tutto passionale e, precisamente, da individuare nella nascita di una relazione tra lo Scaccia, amico di infanzia di Curto e l’ex moglie di quest’ultimo. E le accuse del pm si basano su tre certezze: le ogive ritrovate davanti casa di Scaccia, appartenenti ad una calibro 7,65 (mai rinvenuta) sono compatibili con i proiettili estratti dal corpo di Curto; la presenza di un unico profilo genetico estratto dalle tracce ematiche trovate e riconducibili alla vittima; il falso alibi fornito dal presunto aggressore che aveva dichiarato di dormire durante la sparatoria, circostanza questa però smentita dai tabulati telefonici.

Ed è assurdo, secondo il pm, che a fornire il movente del tentato omicidio sia il presunto aggressore e non la vittima che, anzi, dopo aver inizialmente indicato chi lo aveva colpito, ha ritrattato tutto trasferendosi in Germania. Il tutto condito da varie intercettazioni disposte nei confronti dei due nuclei familiari che arricchisce il quadro probatorio. Escluse nella richiesta di condanna l’aggravante per futili motivi perché – come spiegato in aula dal pm – le storie, le relazioni e gli animi dei protagonisti che si intrecciano sono tutto tranne che futili.

Ma la difesa non ci sta a questa richiesta di condanna. L'avvocato Angela Porcello, che difende Gianluca Scaccia, infatti parla di una carenza investigativa soprattutto nelle immediatezza dei fatti: non viene fatta prova dello Stub (analisi per capire se una persona ha sparato), non vengono sentiti i residenti della zona in cui avviene la sparatoria, ma, soprattutto, vengono mosse perplessità sulla ricostruzione che la vittima offre, ritenuta dalla difesa poco credibile. In sostanza la difesa afferma che non si giunge a una ricostruzione limpida dei fatti "aldilà di ogni ragionevole dubbio". Al termine dell’arringa la difesa ha chiesto l’assoluzione nei confronti di Scaccia o, in subordine, la riqualificazione del reato da tentato omicidio in lesioni gravissime.

Il collegio di giudici presieduto da Gianfranca Claudia Infantino, con a latere i giudici Giuseppa Zampino e Katia La Barbera, emetterà il verdetto il prossimo 6 dicembre.

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