La notizia fa subito il giro del mondo, nelle aperture dei telegiornali e nei lanci di agenzia, come per Papi, principesse e premi Nobel: «È morto il polpo Paul». Mi autodenuncio subito per il mio primo commento: finalmente, che se lo godano in umido, con due patate di contorno.
Preciso: questa bestia stupida e repellente non ha fatto nulla di male, ci mancherebbe. Anzi, attendo quanto prima gli insulti dagli animalisti, che mi spiegheranno quanto sia fondamentale nella catena della vita l'animale in questione. Ma non è questo (...)
(...) il punto. Il vecchio Paul è diventato odioso, lui e le sue idiotissime facoltà da oracolo indovino, non per specifiche colpe personali, bensì per stupidità nostra. Date un animale in mano agli umani e lo trasformeranno in caricatura umana. È questo il penoso destino, più del decesso per sopraggiunti limiti di anzianità (la specie campa un anno), toccato al tentacolare Paul.
Come dimenticare: in piena fase Mondiale, periodo nel quale l'animale uomo raggiunge forse l'apice della sua demenza, Paul ha la sventura di diventare più competente di un Biscardi. I suoi subdoli guardiani, nel parco acquatico di Oberhausen, gli infliggono scopo platea il più crudele dei giochini: prima lo affamano, quindi gli mettono sotto al naso (animalisti non cominciate a scrivermi spiegandomi che i polpi non hanno il naso: fin qui ci arrivo, è solo un modo di dire), dicevo gli mettono sotto al naso che non ha due scatole di cibo, ciascuna con la bandiera delle nazionali in campo di lì a poco. Inutile stia qui ad aggiungere dettagli: sarebbe più indispensabile ricostruire la storia di Madre Teresa o di Gandhi, quella del polpo Paul la sanno veramente tutti, in qualsiasi angolo del pianeta. Infallibile dal primo all'ultimo pronostico. Cento per cento di previsioni indovinate.
Nel giro di poche settimane, il viscido e ignaro Paul perde per strada la sua anima di polpo, acquisendo via via l'identità vagamente divina di una grande star. Tutti, alle varie latitudini, forniscono spettacoli inenarrabili. Ma noi italiani, neanche il caso di dirlo, ci segnaliamo per la particolare passione che infondiamo nella costruzione del mito. Abituati ad accontentarci di tronisti e di famosi sperduti sull'isola, non ci sembra vero di completare la nostra dotazione nazionale di bischerate con il celeberrimo Paul. Ad un certo punto, la rivendicazione patriottica: «È nato all'Elba, è italiano!!!».
Da lì in poi, la patetica escalation. Dilagano gli agiografi, fioriscono le biografie romanzate, scattano i dibattiti sulle origini e sull'epopea dell'impareggiabile personaggio. Con un disinvolto salto di qualità, lo umanizziamo al punto tale da attribuirgli pensieri, riflessioni, intenzioni. Improvvisamente, il polpo diventa più intelligente dei delfini, più affettuoso del cane, più saggio dell'elefante. I quotidiani gli attribuiscono frasi tra virgolette - in senso figurato, certo: e vorrei vedere -, le televisioni ne illustrano le indicibili virtù (Piero Angela si vergogni: l'ha sempre sottovalutato, l'infame), quanto ai settimanali non ne parliamo: pullulano indiscrezioni, pettegolezzi, retroscena sulla sua vita privata, una cosa che non era toccata neppure alla Parietti, quando la Parietti era la Parietti...
Eppure, fino al Mondiale africano, noi tutti conoscevamo il polpo soltanto sotto forma di squisiti bocconcini mescolati a patate lesse, un filo d'olio e al massimo un goccio di limone. Qualcuno credeva vivesse nella passata di pomodoro, cibandosi di capperi e olive nere. Io personalmente - lo confesso - l'ho sempre considerato un essere insulso e anche sostanzialmente cretino, qualche volta persino un po' gommoso.
Ma dopo la leggendaria estate 2010, niente è più come prima. Con alto sprezzo del ridicolo, ne abbiamo fatto un'idolatrata icona mondiale. L'unica consolazione è che prima o poi tutte le leggende finiscono. Fortunatamente, anche quella del polpo Paul. Per quanto mi riguarda, lo ricorderò soltanto come la dimostrazione biologica che i pronostici li indovina chi non capisce proprio niente di calcio. Quanto al resto, nessun rimpianto.
Paul, non ci mancherai (e non per colpa tua)
Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.