Il personaggio della settimana

Da Schlein a Gassmann: i radical-chic e quel paragone inutile sui morti in mare

I radical-chic non hanno perso tempo nel mettere a paragone i morti in mare del Titan con quelli del naufragio in Grecia, nonostante il mare fosse l'unico punto di contatto

Da Schlein a Gassmann: i radical-chic e quel paragone inutile sui morti in mare

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Sono tanti i vip, i sedicenti tali, quelli che vorrebbero esserlo ma non lo sono, che nell'ultima settimana si sono cimentati in un esercizio molto particolare: il confronto tra i morti. Prima è stato il momento del paragone tra i funerali di Silvio Berlusconi e Flavia Franzoni, moglie di Romano Prodi, poi quello dell'associazione tra il naufragio a sud del Peloponneso e l'incidente del sottomarino Titan. E non stupirebbe se fossero stati proprio i tweet degli esponenti dell'arte di sinistra sul naufragio a ispirare Elly Schlein a dire "mi fa impressione il dispiegamento di mezzi per la ricerca, per 4 persone che comunque hanno pagato credo moltissimo", riferendosi al mezzo che per giorni è stato disperso nell'oceano. Magari, in un momento di pausa, ha aperto i social e ha detto: "Ah, bella questa, fa prendere molti like. Potrei portarla al prossimo intervento".

Qualche esempio? Giovanni Vernia. Gli adolescenti dei primi Duemila lo ricordano come comico a Zelig, oggi sui social sembra essersi riciclato come dispensatore di saggezza: "Se sei miliardario e ti disperdi in mare in un sottomarino ti mandano i sonar, i rov, la nasa, Poseidone in persona col tridente. Se sei un povero Cristo e ti disperdi in mare su un barcone dicono che il mare era agitato e ti lasciano affondare". E ancora, tra i tanti, c'è anche Alessandro Gassmann, che non si è fatto sfuggire l'occasione per un tweet populista: "Se si fosse usata la stessa solerzia e lo stesso dispendio di mezzi che si sta usando per cercare un sottomarino turistico con a bordo 5 persone benestanti, che spero vengano salvate, per rintracciare i 600 migranti dispersi del naufragio nel Mediterraneo". E non sono i soli.

Cos'hanno in comune le due tragedie? Niente. Letteralmente, niente. Ah sì, una cosa sì: sono avvenute entrambe in mare. Spiace non poter fare i disegnini per tutti quelli che si sono sentiti caritatevoli e superiori nel paragonare le due disgrazie, ma la spiegazione è talmente facile che forse riusciamo anche così. Prima differenza: prima che si scoprisse che il sottomarino Titan fosse imploso poche ore dopo la discesa, c'era speranza di trovare vivi gli occupanti grazie all'autonomia di ossigeno di 90 ore. Se si fosse saputo immediatamente dell'incidente, come è stato per la barca al largo della Grecia, la storia sarebbe stata scritta diversamente. Seconda differenza: il naufragio in Grecia è avvenuto nel Mediterraneo, quello del Titan nell'oceano Atlantico. Cosa significa? Che i soccorsi del secondo non hanno in alcun modo influito su quelli del primo. O pretendono che il Canada e gli Stati uniti mandino le navi di soccorso nel Mediterraneo? Terza differenza: gli occupanti del Titan non erano clandestini senza documenti con la pretesa di raggiungere uno Stato straniero via mare, quelli del barcone sì. Ma questo non è importante, perché nonostante tutto, come in qualsiasi altro caso, la Guardia costiera per giorni ha cercato di recuperare superstiti e vittime, a differenza di quanto urlato dai sinistri.

Eppure, il paragone prosegue. E non potrebbe essere altrimenti, perché chi lo fa conosce benissimo le differenze ma, semplicemente, le ignora, finge di non conoscerle. Sono soprattutto i radical-chic, quelli che d'estate si ritrovano a Capalbio con la Repubblica o la Stampa sotto braccio e in bella vista a parlare dei morti sui barconi, a imbastire simili ragionamenti. Ma loro sono fatti così. Li ha descritti bene Chiara Francini: "I sinistri sono persone nate ricche e borghesi che vorrebbero essere nate povere per sembrare intelligenti. A loro interessa solo stare dalla parte giusta". A loro non interessa la realtà, vogliono solamente dimostrare di essere buoni. Quindi chi se ne frega se muoiono 5 persone benestanti per le quali c'era una speranza: usiamole per farci belli e dimostrare che noi siamo quelli caritatevoli verso i migranti. Chissà se la penserebbero nello stesso modo se mai dovessero trovarsi in situazione di pericolo e per salvarli dovesse rivelarsi necessario dispiegare quante più forze di soccorso possibili.

E dire che loro erano quelli che "ogni vita vale".

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