Londra - Riparte il rally del prezzo del petrolio, che torna ad aggiornare i massimi storici dopo che alcuni membri dell’Opec hanno confermato che non c’è bisogno di aumentare la produzione. L'oro nero continua a segnare nuovi rialzi sulla scorta degli acquisti speculativi legati ai problemi di produzione incontrati in nigeria e alla decisa fermezza dell’opec a non aumentare la produzione. Sul circuito del Nymex la consegna maggio sul Wti guadagna lo 0,36% a 117,11 dollari/barile dopo avere toccato un nuovo massimo di 117,60. A Londra il future giugno sul brent spunta lo 0,41% a 114,39 dopo un nuovo top a 114,86.
Venezuela: "Dollaro debole" "Il picco del prezzo del petrolio è causato dalla debolezza del dollaro e dai problemi dell’economia statunitense", ha spiegato il ministro dell’Energia del Venezuela, Rafael Ramirez, a margine dell’International Energy Forum. "Il prezzo che stiamo sperimentando è conseguenza della svalutazione del dollaro che ci sta preoccupando abbastanza", ha continuato aggiungendo che la debolezza della divisa americana "ha causato terribili conseguenze per l’economia mondiale e i prezzi dei beni alimentari". Secondo Ramirez, la quotazione record del barile non dipende quindi da una scarsità di greggio sul mercato perchè l’Opec, di cui il Venezuela è Paese membro, "ha dato il massimo della fornitura sul mercato. Non è un problema di forniture, ma un problema molto connesso ai problemi finanziari degli Usa".
Prodi: "All'economia costa 500 miliardi" "È necessario che i prezzi petroliferi siano relativamente stabili a livelli accettabili sia per i consumatori che per i produttori. Prezzi del petrolio troppo alti pesano sull’economia mondiale, specie sui paesi più poveri, con un costo, diretto e indiretto, per l’economia mondiale stimabile in 500 miliardi di dollari ogni 10 dollari di aumento del prezzo del barile". Ad affermarlo, intervenendo all’Ief, è il presidente del Consiglio, Romano Prodi evidenziando come, in tutti gli scenari considerati, "la quota dei combustibili fossili rimarrà preponderante (84%). Il fatto che ci siano risorse di petrolio e gas sufficienti non basta. Queste devono essere sviluppate, prodotte, trasportate e trasformate". "Sappiamo - sottolinea ancora - che il petrolio rimarrà il principale carburante fossile (32% al 2030) e siamo consapevoli che continuerà il trend di concentrazione delle riserve e della produzione (si prevede che la quota Opec aumenti dal 42% al 52% al 2030)". È auspicabile, rileva Prodi, "poter contare sulla lungimiranza dei maggiori paesi produttori e sul fatto che continueranno ad assicurare l’offerta necessaria, rafforzandola anche con gli investimenti da parte delle compagnie internazionali". È comprensibile che i paesi produttori, sottolinea il premier, "siano preoccupati della certezza della domanda e del possibile impatto delle politiche oggi in discussione nei confronti dei paesi consumatori, sul fronte del mix dell’offerta, della gestione della domanda, dei cambiamenti climatici". Tuttavia, osserva Prodi, "anche se tutte queste politiche fossero attuate, la domanda di petrolio sarebbe nel 2030 maggiore di un quinto rispetto a quella attuale, e la produzione dell’Opec dovrebbe aumentare del 30%".
Fmi: "Economia globale in rallentamento" "I prezzi record del petrolio vicino a 117 dollari al barile stanno rallentando la crescita dell’economia mondiale - ha detto alla Reuters John Lipsky, primo vice direttore generale del Fmi - sta pesando sulla crescita, questo è certo, ma naturalmente sta favorendo gli esportatori". Secondo Lipsky le ipotesi alla base delle stime di crescita del Fmi erano basate su prezzi del petrolio leggermente più bassi rispetto agli attuali.
Il vicedirettore ha ribadito poi che il Fmi prevede un rallentamento della crescita tra uno e due punti percentuali, non solo a causa dei prezzi del petrolio ma anche per i rincari dei prezzi alimentari e per le difficiltà del settore finanziario.