Cronache

La piccola guerra della Repubblica di San Marino

Il 4 giugno 1915 lo Stato del Titano seguì l'Italia nelle dichiarazione di guerra agli imperi centrali. Un corpo di volontari partecipò alle battaglie del Carso subendo numerose perdite. Mentre nel suo ospedale da campo tra i tanti feriti curava anche il fante Hemingway

Magari il suo intervento non sarà stato determinante per l'esito finale del conflitto, ma anche la Repubblica di San Marino partecipò alla prima guerra mondiale, con passione e trasporto, portando il piccolo contributo di una Nazione di 30mila abitanti. Era il 4 giugno 1915, una decina di giorni dopo l'ingresso dell'Italia nel conflitto, quando un gruppo di sammarinesi pubblicò un proclama per arruolare volontari. Decine di uomini partirono per il fronte, molti furono anche uccisi, mentre la Repubblica organizzò un efficiente ospedale da campo che accolse, tra i tanti feriti, anche un giovane americano colpito a una gamba, di cui si parlerà molto in seguito, un certo Ernest Hemingway.

San Marino, o meglio Serenissima Repubblica di San Marino, nonostante le sue dimensioni, 60 chilometri quadrati, un terzo di Milano, è uno dei più antichi stati del mondo. E sicuramente la più antica democrazia, in quanto dalla sua fondazione, il 3 settembre 301, è sempre stato retto da una assemblea liberamente eletta. Secondo la leggenda fu fondata da Marino, pio tagliapietra dalmata fuggito da Arbe per evitare le persecuzioni contro i cristiani ordinati dall'imperatore romano Diocleziano, che edificò una rocca sul cocuzzolo del monte Titano. E incredibilmente la minuscola nazionale riuscì a passare indenne attraverso secoli di guerre e invasioni per oltre 18 secoli.

Di lingua, e fondamentalmente anche di cultura italiana, ha sempre legato i suoi destini alle sorti della penisola, tanto che molti sammarinesi parteciparono alle guerre di Indipendenza. Nel 1914 allo scoppio delle ostilità, Roma ebbe inizialmente un atteggiamento sospettoso nei confronti delle Serenissima, temendo potesse dare asilo ai disertori che inevitabilmente avrebbero potuto cercare asilo sul monte Titano all'imminente ingresso in guerra. Per questo l'Italia applicò, prima ancora del 24 maggio 1915, uno stretto controllo sulle comunicazioni, posta e telefono, da e per San Marino. Niente di più errato in quanto all'interno del piccolo stato tutte le forze politiche, eccetto il Partito socialista, si schierarono su posizioni interventiste a fianco dell'ingombrante vicino. Posizioni che divennero sempre più forti man mano che cresceva in Austria la diffidenza verso la piccola Nazione. Vienna arrivò a fermare tutti i sammarinesi presenti nei suoi territori e a internare i maschi adulti, dopo aver rispedito in Italia donne e bambini.

In questo clima dunque si giunse al 4 giugno 1915 quando anche San Marino venne inghiottito dal grande conflitto continentale. Non fu coinvolto direttamente il governo, che non inviò dunque formazioni regolari al fronte, ma volontari sammarinesi che quel lontano giorno pubblicarono una sorta di «chiamata alla armi». Alcuni partirono subito e fra essi Carlo Simoncini e Sady Serafini che, nell'avanzata sul Carso, morirono eroicamente, il 16 luglio il primo e il 12 ottobre il secondo. Le salme dei due caduti furono trasportate in patria solo il 5 ottobre 1924.

In seguito le autorità centrali organizzarono e fecero partire per il fronte un gruppo di sanità che organizzò un efficiente ospedale da campo. La struttura operò dall'ottobre del 1917 al dicembre del 1918, cambiò ben 6 postazioni tra Monfalcone, Treviso, Mestre e Gorizia e ospitò oltre 3.000 soldati feriti tra cui il futuro premio Nobel per la letteratura, allora 19enne. La sera dell'8 luglio 1918 a Fossalta di Piave Hemingway, autista di ambulanze per la Croce Rossa Americana, fu infatti ferito da una granata austriaca che uccise un militare italiano e ne ferì un secondo. Hemingway si caricò in spalla il soldato ancora vivo e, benché nuovamente colpito al ginocchio da colpi di mitragliatrice, riuscì a raggiungere l'ospedale da campo sammarinese dove ricette le prime cure. Hemingway fu poi trasferito all'ospedale americano in via Armorari a Milano, dove l'ufficiale medico Domenico Caracciolo gli raccontò della disfatta di Caporetto, da cui lo scrittore trasse materiale per «Addio alle armi».

Dieci anni dopo la fine del conflitto la Serenissima fece erigere l'Ara dei Volontari, monumento dedicato ai 140 volontari sammarinesi morti per l'Unità d'Italia non solo durante la Grande Guerra ma anche in quelle di Indipendenza combattute nell'Ottocento. Progettata da Gino Zani, fu inaugurato nel 1927, è composta di una doppia rampa di scale che conduce alla Cappella Votiva, sormontata da un obelisco.

Sul retro, una lapide riporta i nomi di tutti i 140 caduti.

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