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Pietà Rondanini, si spera nel prossimo sindaco

Non sono le opere a doversi adattare al pubblico. È giusto il contrario. Ci pensi, la nuova direttrice

Pietà Rondanini, si spera nel prossimo sindaco

L'indecente e costoso allestimento della Pietà Rondanini è indecoroso per Michelangelo e offensivo per la grande tradizione museografica italiana. Tra i vanti degli allestimenti degli anni Cinquanta in Italia vi sono gli interventi di Carlo Scarpa al Museo di Castelvecchio a Verona e a Palazzo Abatellis a Palermo, e, negli stessi anni, dei BBPR al Castello Sforzesco di Milano e di Franco Albini nei Musei di Palazzo Bianco e di Palazzo Rosso a Genova. I musei genovesi, tra l'altro, sono stati recentemente restaurati con grande rispetto per il magistero dell'architetto Albini.

Con il nuovo allestimento della Pietà proposto da Michele De Lucchi, con la complicità della Sovrintendenza e l'inutile spesa di 4 milioni e 600mila euro (da sottoporre alla Corte dei Conti), gli architetti BBPR (lo studio fondato a Milano nel 1932 da Gian Luigi Banfi, Lodovico Barbiano di Belgiojoso, Enrico Peressutti ed Ernesto Nathan Rogers) autori dell'ammiratissimo e celebratissimo allestimento originario, sono stati insultati e sfregiati. L'esito è una umiliazione e un abbruttimento per l'opera di Michelangelo posta a rovescio, mostrando il «lato B», non finito, ma neppure incominciato, su una mortificante base, circondata da faretti e altri apparati tecnologici che non si vedevano nel precedente allestimento assoluto e puro.

E finché non sarà possibile riportare Michelangelo al suo posto, quel vuoto attende di essere colmato. E, intanto, grida, grida, la sua oscena nudità. Tante sono le opere sottratte alla loro sede originale, ma questa l'aveva invece trovata. Acquistata dal Comune di Milano nel 1952, la Pietà Rondanini, scolpita quattro secoli prima, era stata collocata in quell'area del Castello, nell'allestimento dedicato dagli architetti del gruppo BBPR che crearono una nicchia numinosa. Era il punto d'arrivo per l'ultima scultura di Michelangelo, rimodellata per stare sulla sua tomba: dal corpo di Maria aveva ricavato una nuova figura di Cristo (della concezione precedente mantenne solo le gambe piegate), mentre dalla spalla sinistra e dal petto dell'iniziale corpo di Cristo trovò lo spazio per ricavare un nuovo corpo per Maria.

A questa Pietà Michelangelo lavorò fino a pochi giorni prima di morire, come testimoniano due lettere di Daniele da Volterra scritte rispettivamente a Giorgio Vasari e a Leonardo Buonarroti. L'opera era infatti nello studio di Michelangelo alla sua morte, già inventariata così: «Statua principiata per un Cristo et un'altra figura di sopra, attaccate insieme, sbozzate e non finite». A Milano trovò la sua sede naturale grazie alla intuizione mistica dei BBPR.

Nella stagione dei grandi rinnovamenti dei musei italiani, quell'intervento fu e resta memorabile, prima che i vandali decidessero, con la mano armata della legge, l'attuale scempio. La misura della miseria, della mediocrità, del geometra De Lucchi non è solo in quello che ha fatto, ma anche nella mancanza di rispetto, oltre che per Michelangelo, per i suoi maggiori, per gli architetti che hanno contribuito a rendere viva e nuova l'immagine di Milano. Mi è sempre sembrato indecoroso questo atteggiamento di mancanza di rispetto, di supponenza, nei confronti dei BBPR, architetti tanto valorosi, e del loro gesto forse più alto. Io li avrei venerati.

Mia guida è la legge; e le mie denunce riguardano la soggezione di alcuni Soprintendenti alle proposte irricevibili del Comune, a partire proprio dall'intervento simbolico di denuncia del processo distruttivo della memoria con la nuova e opportunistica collocazione della Pietà Rondanini, fondata sulla ignoranza. Conosco bene le procedure e anche i possibili rilievi e posso anche immaginare i rilievi della Corte dei Conti. Ma è indiscutibile che l'allestimento concepito dagli architetti del gruppo BBPR ha un significato sacro nella museografia moderna, almeno quanto gli esemplari interventi di Carlo Scarpa al Castelvecchio di Verona. Sono nozioni elementari che sfuggono a chi pensa allo «sfruttamento» delle opere d'arte come prostitute, e vanno ribadite perché non si ripetano. Sono principi, non ordini e neppure questioni polemiche, e valgono per tutta l'architettura del '900, che ha la sua espressione più alta in Italia proprio a Milano.

Il tema è esattamente questo: i grandi Gianluigi Banfi, Ludovico Barbiano di Belgiojoso, Enrico Peressutti, Ernesto Nathan Rogers sono gli architetti della Torre Velasca, della Corte ellittica in via Maddalena 9, degli edifici Ina Casa a Matera e a Cesate. Tra i primi loro interventi a Milano ci sono il restauro e la sistemazione del Castello Sforzesco da cui sono state recentemente asportate e vendute illegalmente alcune panche, nella generale mancanza di rispetto per la storia che ha portato alla distruzione dell'allestimento mirabile della Pietà Rondanini. Nessuna giustificazione è accettabile.

Le dogmatiche dichiarazioni dell'attuale direttrice non sono condivisibili. Le opere d'arte non si adattano al pubblico, ma il pubblico alle opere d'arte.

Essendo l'opera di Michelangelo proprietà del Comune di Milano, attenderemo il nuovo sindaco per indicare prescrizioni che ripristinino l'allestimento originario dello studio BBPR.

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