Politica

Piroette su Ciancimino, Travaglio si fa garantista pur di difendere Ingroia

Per difendere il procuratore di Palermo, Travaglio si veste da garantista e guarda con benevolenza a Ciancimino ("accuse ancora tutte da provare") e taccia il Giornale di giustizialismo

Piroette su Ciancimino, 
Travaglio si fa garantista 
pur di difendere Ingroia

Inversione di rotta. Ci vuole una giravolta da maestri per rimanere in piedi e non fare un tonfo sonoro. Una piroetta da professionisti. Davanti all'arresto del super teste (rivelatosi un super bluff) Ciancimino junior, i colleghi del Fatto hanno trasecolato. L'intero impianto di accuse al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi sono crollate. Eppure pur di difendere il pm Antonio Ingroia, al quale la maggior parte degli organi di informazione hanno chiesto di rendere conto dei propri errori, Marcfo Travaglio ha subito cambiato casacca. Da giustizialista dalle manette facili e tintinnanti si è subito trasformato in garantista doc. E si è messo pure a fare la predica al Giornale.

"Ciancimino è stato arrestato per aver taroccato un documento contro De Gennaro. Accusa ancora tutta da provare (per ora si sa solo che il documento è stato falsificato, ma non da chi né perché), anche se i 'garantisti' Pdl l'hanno già condannato in via definitiva": Parola di Travaglio che coglie l'occasione per scagliarsi contro il Giornale: "E' ormai fatto notorio che da 17 anni gli house organ, diretti o vicediretti da Belpietro, han preso per oro colato una serie innumerevole di panzane". Il tutto per difendere Ingroia da Ferrara e dai berluscones che "vogliono bloccare le inchieste che coinvolgono il padrone e non solo". Una piroetta mica da ridere che fa il paio con l'intervista al pm Antonino Di Matteo che, insieme a Ingroia, sta portando avanti le indagini sulle trattative tra Stato e mafia. "Non siamo sorpresi e continueremo ad andare avanti sui temi posti dalle dichiarazioni di Ciancimino e non solo - spiega il giudice intervistato da Marco Lillo - parti importanti delle sue dichiarazioni sono riscontrate, da documenti e in qualche caso da intercettazioni. Continueremo a utilizzarle".

Massimo Ciancimino sarà sentito il 10 maggio a Palermo al processo al generale Mario Mori. La quarta sezione del Tribunale ha, infatti, respinto la richiesta dei pm Di Matteo e Ingroia che avrebbero voluto sentirlo dopo i pentiti Giovanni Brusca e Angelo Siino che deporranno nell’aula bunker del carcere Rebibbia di Roma il 18 e 19 maggio. Restano le calunnie che nemmeno le piroette del Fatto riusciranno a cancellare. Nei giorni scorsi Giuliano Ferrara puntava il dito proprio contro Ingroia, "complice del grande imbroglio", e chiedeva al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e al Csm di intervenire per interrompere "un ventennio di uso politico della giustizia". "Che cosa aspettiamo - si chiedeva l'Elefantino sulle colonne del Giornale di domenica scorsa - a tirare fuori l'articolo 289 del codice penale, 'at­tentato a organi costituzionali', che pu­nisce con dieci anni di galera chi cospira contro lo Stato?".

Il Fatto la chiama "operazione Ingroia", accusa i berluscones di delegittimare "il magistrato che si sta avvicinando ai segreti dell'origine della fortuna finanziaria (e della conseguente discesa politica) di Berlusconi". La capovolta di Travaglio & Co. in salsa garantista è finalizzata a difendere da una parte il paladino Ingroia e ad attaccare - ancora una volta - il premier. "Nella lotta al crimine c'è chi fa i fatti con clamorosi arresti che proseguono a ritmo costante, e chi ha messo gente come Ciancimino junior su un piedistallo - commenta il presidente dei senatori del Pdl Maurizio Gasparri - c'è insomma chi nella politica pensa alla sicurezza, e chi in altre istituzioni pensa a fare politica, una cattiva politica che alimenta menzogne". Si fa pressante, infatti, la necessità di una commissione di inchiesta sulla gestione dei pentiti anche se il procuratore di Palermo, Francesco Messineo, assicuri che le "carte sono in regola". Resta il fatto che qualcosa è andato storto e che le calunnie di Ciancimino sono state prese per vere troppo a lungo.

Fa comunque sorridere che il Fatto accusi il Giornale di adottare la "startegia della calunnia", quando a fare da cassa da risonanza al super teste di Palermo è sempre stato il quotidiano diretto da Padellaro. 

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