Politica

Pisanu preme sulla Ue: servono nuove leggi

L’apertura di Fassino: «Se servono altri strumenti discutiamone in Parlamento»

Alessandro M. Caprettini

da Roma

Sarà la volta buona? Tra ricorrenti ondate di scetticismo, la Ue riprova a dire la sua nella lotta al terrorismo. Mercoledì prossimo la presidenza britannica ha convocato un summit del consiglio Giustizia e Affari Interni per tentare di giungere ad efficaci e concrete misure di coordinamento. Fu un anno fa, dopo l’attentato ad Atocha dell’11 marzo, che si decise in fretta e furia di nominare «mister anti-terrorismo» nell’olandese Gijs De Vries. Da allora fatti pochi, mezzi ancor meno: un paio di segretarie e qualche funzionario. E ciò nonostante Frattini si sia spesso speso per dare un senso alla lotta comune contro l’eversione.
Le premesse, almeno stavolta, paiono diverse. «Siamo tutti nel mirino. Occorre prepararsi perché non accada di nuovo», ripete da due giorni l’alto commissario Solana. Al Viminale Giuseppe Pisanu, fa sapere di essere completamente d’accordo su un impegno Ue, che si affiancherebbe a quanto messo a punto dai suoi uffici. Serve una risposta globale su un terreno così complesso. E di questo ha parlato telefonicamente già un paio di volte col collega britannico Charles Clarke. Si punta a che da Bruxelles partano segnali «forti» per tutti i 25: servono nuove regole per controlli, espulsioni, raccordi tra servizi e magistrati e ancora si deve individuare il modo di individuare e colpire il finanziamento ai gruppi eversivi. Non sarà facile, anche per le gelosie e le riserve dei singoli paesi, ma al Viminale fanno capire che «deve» essere la volta buona. Anche perché si preferirebbe fosse Bruxelles a indicare la direzione di marcia, anziché dover imboccare la via di una legislazione d’emergenza dove ognuno farebbe per conto suo, col rischio di non venire a capo di nulla. Ma non si esclude, naturalmente, che possa finire così. Che anche l’Italia debba decidere per suo conto. «Misure straordinarie? Adesso vediamo...» s’è limitato ad osservare Berlusconi, prima di lasciare la capitale. Ma è significativo che Piero Fassino ieri, bocciando l’ipotesi leghista di un ministero ad hoc per il terrorismo - aggiungendo i Ds a vasti settori del centro-destra - abbia lasciato aperto più di uno spiraglio: «Si devono applicare le leggi e gli strumenti che ci sono. Se poi ne servono altri, la sede per discuterli è il Parlamento». Insomma dalla Quercia partono segnali di disponibilità per un possibile giro di vite, che invece mancano tra i Verdi e gli uomini di Bertinotti, del tutto indisponibili al varo di leggi speciali e che premono semmai per intensificare «il dialogo con la comunità islamica».
Pisanu ha già provveduto comunque a intensificare la difesa dei «punti sensibili»: più di 13mila i luoghi in cui è rafforzata la vigilanza dopo il summit di giovedì tra lo stesso ministro, De Gennaro e i capi del Sismi Pollari e quello del Sisde Mori. La prevenzione non è comunque tutto, né assicura risultati in una guerra «sporca» come quella del terrorismo. Pisanu così vorrebbe ottenere anche espulsioni più rapide e facili per i sospetti e - se del caso - anche l’impiego dei militari con funzioni di pubblica sicurezza (come fu deciso anni fa in Sicilia) e, ancora, un monitoraggio costante dei luoghi di ritrovo dei cittadini islamici nel nostro Paese. Si spera che il tutto possa esser discusso a Bruxelles, a metà settimana.

«Il pericolo è molto serio, molto estero e lo sarà per un lungo periodo» ha del resto detto l’altro giorno proprio De Vries. Sembrerebbe logico che la Ue si attrezzi concretamente. Ma non è del tutto sicuro che lo faccia, anche perché serve l’unanimità.

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