Politica economica

Allarme di Bankitalia: la crescita è ferma e il debito è alle stelle

Tagliate le stime del Pil per il 2024 e 2025. Confcommercio vede consumi in frenata. Sangalli: "Ridurre cuneo e spesa pubblica"

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In Italia «la crescita del Pil si sarebbe interrotta in primavera» e restano «rischi al ribasso». È quanto ha sottolineato la Banca d'Italia nel Bollettino economico. Nelle nuove proiezioni, riviste leggermente al ribasso nel biennio 2024-25 rispetto a quelle pubblicate a giugno, dopo un incremento 2023 dell'1,3%, il prodotto interno lordo calerebbe allo 0,9% e poi all'1% nei due anni successivi. «L'attività economica, sostenuta nel primo trimestre da tutte le principali componenti della domanda interna e in particolare dai consumi, avrebbe rallentato in primavera» spiegano i tecnici di Via Nazionale.

La frenata sarebbe sta causata da una minore dinamica degli investimenti privati che potrebbe proseguire fino a fine anno e nel 2024 «per effetto dell'aumento dei tassi di interesse e dell'irrigidimento delle condizioni di accesso al credito». Queste componenti negative sono parzialmente bilanciate dal rientro delle pressioni inflazionistiche (anche se i prezzi al consumo dovrebbero crescere del 6% in media d'anno per scendere al 2,4% nel 2024) e dai maggiori investimenti pubblici programmati nel Pnrr. Un altro fattore positivo è la crescita dell'occupazione associata a un moderato incremento dei salari che evita spirali inflazionistiche.

Secondo Bankitalia, il Pil nel secondo trimestre «è rimasto pressoché invariato, soprattutto a causa della contrazione dell'attività manifatturiera», mentre l'espansione dei consumi delle famiglie è proseguita a ritmi più contenuti. Un dato confermato anche dall'Ufficio studi di Confcommercio. La quota di spese obbligate sui consumi delle famiglie cala rispetto al 2022 ma resta comunque elevata: nel 2023 si è attestata al 41,5%, dal 42,7% del 2022, con un incremento dell'incidenza di quasi 5 punti dal 1995 ad oggi. Su un totale di oltre 21mila euro pro capite di consumi all'anno, per le spese obbligate se ne vanno 8.755 euro (circa 100 euro in più rispetto al 2019). Tra queste spese, la quota principale è rappresentata dalla voce abitazione (5.062 euro) al cui interno un peso rilevante viene dall'aggregato energia, gas e carburanti con 1.976 euro, valore che, nella media del 2023, ha raggiunto un'incidenza sul totale consumi del 9,4%.

Tra il 1995 e il 2023 mentre il prezzo medio dei beni commercializzabili è cresciuto di quasi il 53%, il prezzo delle spese obbligate è aumentato del 120% (+175% la componente energia). È evidente, conclude l'indagine, «che queste tendenze riducono il benessere e dei consumatori e frenano la propensione al consumo con inevitabili effetti depressivi sul Pil». «Il rischio è una riduzione strutturale dei consumi che potrebbe frenare la crescita», ha commentato il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli. «Per evitarlo - ha aggiunto - occorre intervenire con più decisione sulla riduzione del cuneo fiscale e della spesa pubblica inefficiente». È il momento di politiche mirate anche perché i margini di manovra sono quasi esauriti. Tanto più se si dovrà stare più attenti ai conti pubblici. Ieri Bankitalia ha certificato che il debito pubblico a maggio ha segnato un nuovo record a quota 2.816,7 miliardi.

Il tempo è quasi scaduto.

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