Politica economica

Crolla l'economia tedesca, l'Ue taglia le stime del Pil italiano: cosa sta succedendo

La crisi può colpire l'Italia se la locomotiva tedesca si bloccherà e Berlino continuerà sulla strada - perdente - dell'austerità di ritorno. Gentiloni: "Vi è una crescente evidenza dell'impatto dell'aumento dei tassi sull'economia reale"

Crolla l'economia tedesca, l'Ue taglia le stime del Pil italiano: cosa sta succedendo

Nuvole nere si addensano sull'economia europea dopo che la Commissione Ue ha annunciato che il calo atteso del Pil della Germania nel 2023 sarà più alto del previsto. Un dato di fatto che rischia di danneggiare anche l'Italia, Paese la cui industria è legata a doppio filo a quella germanica. "L'eterogeneità tra gli Stati membri rimane elevata in termini di crescita", ha detto Paolo Gentiloni, commissario Ue agli Affari Economici, presentando le previsioni aggiornate sulla crescita europea. Ma un dato di fatto è chiaro: c'è una crisi industriale in atto e sull'Europa "vi è una crescente evidenza dell'impatto" del rialzo dei tassi della Bce in senso restrittivo sulla crescita dei Paesi del Vecchio Continente. "I costi di finanziamento sono aumentati ulteriormente e l'erogazione del credito bancario al settore privato ha continuato a rallentare, segnalando un'efficace trasmissione della politica monetaria", ha aggiunto. Questo crea un circolo vizioso che colpisce, in maniera significativa, la Germania.

La Commissione europea ha rivisto al ribasso le sue previsioni di crescita economica per la Germania nel 2023, riducendo le prospettive di crescita del Paese guidato da Olaf Scholz. Da un precedente +0,2% per la Germania si passa a una prevista contrazione del -0,4%. L'ex premier italiano ha detto che per la Germania la causa della crisi sono "le sfide strutturali sull'energia". Secondo la Commissione, l'economia tedesca ha subito una lieve contrazione nel secondo trimestre del 2023, dopo una diminuzione del Pil reale dello 0,1% nel primo trimestre. Il Paese si trova, dunque, in uno stato di recessione.

I motivi di questa revisione al ribasso sono molteplici, secondo quanto spiegato dalla Commissione nella sua analisi, e si legano al macro-tema dell'aumento dei tassi. In primo luogo, la perdita dei salari reali ha continuato a pesare sui consumi privati, che rappresentano circa il 60% del PIL tedesco. In secondo luogo, la debolezza della domanda esterna ha portato a un calo delle esportazioni, che rappresentano un altro importante motore della crescita tedesca. In terzo luogo, i consumi pubblici sono diminuiti nel primo trimestre, riflettendo la progressiva riduzione della spesa legata alla pandemia di Covid-19. Infine, sul fronte interno il Financial Times ha dato contezza del buco nero apertosi nel settore delle costruzioni sull'onda lunga del caro-materie prime e del caro-energia.

La revisione al ribasso delle previsioni di crescita tedesche ha un impatto negativo anche su altri Paesi europei, in particolare sull'Italia, su cui Burxelles ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita al +0,9% per il 2023 dal precedente +1,2%. L'Italia, in Europa, è la nazione più minacciata da questa ondata recessiva che colpisce Berlino.

Come abbiamo avuto più volte modo di sottolineare, infatti, l'integrazione tra le filiere industriali e dei servizi della Germania e quelle della "locomotiva" italiana concentrata tra Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna è tale da rendere queste regioni profondamente organiche, nelle loro dinamiche, al loro principale Paese di riferimento. I due Paesi sono complementari dal punto di vista economico, con l'Italia che esporta principalmente prodotti intermedi e macchinari e la Germania che rivende nella penisola beni finali come auto, elettrodomestici, prodotti chimici. Nel 2022, il valore degli scambi bilaterali tra i due Paesi ha raggiunto un nuovo record di 168,5 miliardi di euro, con una crescita del 18% rispetto al 2021 avente l'industria al centro.

La Germania è il primo partner commerciale dell'Italia, sia per le esportazioni che per le importazioni. Nel 2022, l'Italia ha esportato in Germania beni per un valore di 77,5 miliardi di euro, pari al 12,4% del totale delle esportazioni italiane e al 4% del Pil. Di 91 miliardi di euro, pari al 13,9% del totale delle importazioni italiane, il valore dei prodotti acquistati dall'Italia in Germania. Dati che bastano a mostrare apertamente quanto una frenata germanica possa avere ripercussioni in Italia.

Dei rischi per l'Italia dati dalla recessione tedesca aveva parlato in estate il Ministro dell'Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti. Oggi a fargli eco è Adolfo Urso, Ministro delle Imprese e del Made in Italy, secondo cui "buona parte del sistema produttivo italiano è collegato direttamente alla Germania, quindi quando si arresta la Germania inevitabilmente ci sono contraccolpi sul sistema produttivo italiano". L'esponente di Fratelli d'Italia ha parlato commentando un rapporto Istat che mostrava un calo della fiducia delle imprese, ai minimi da novembre.

Da Bruxelles Gentiloni ha rassicurato sul fatto che la Commissione Europea non ritiene però il rimbalzo della crisi tedesca in Italia una minaccia eccessiva: il rallentamento europeo "non è particolarmente italiano ma coinvolge diversi paesi e ho fiducia che l'economia italiana come ha mostrato in tanti occasioni possa reagire in modo positivo". Tra calo della domanda interna, frenata dell'industria e l'onda lunga della stretta monetaria certamente la situazione è delicata. E l'idea di una crisi tedesca capace di riverberarsi sull'Italia non è da escludere. In quest'ottica, certamente, ciò che farebbe male eccessivamente sia a Roma che al resto d'Europa sarebbe l'idea - tutta tedesca - di rilanciare la visione austeritaria nel Patto di Stabilità. Reagire a crisi di domanda con la stessa medicina inefficace del passato può aggravare ulteriormente i dolori all'Europa.

Prevenire ora le distorsioni è meglio che cercare di doverle curare poi: questa è forse la più grande e difficile delle "sfide" tedesche all'economia europea.

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