Guerra in Israele

La rivelazione: dove si sono addestrati i terroristi per attaccare Israele

Il Wall Street Journal riporta l'addestramento da parte di Teheran di centinaia di militanti islamisti e svela il traffico di armi iraniane verso la Cisgiordania. Un nuovo pericolo per la sicurezza d'Israele?

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Nuovi tasselli si aggiungono al complesso mosaico degli eventi che hanno portato alla strage compiuta da Hamas il 7 ottobre. Ancora una volta è il Wall Street Journal a rivelare prove della cosiddetta Iran connection sostenendo che centinaia di miliziani islamisti sarebbero stati addestrati su suolo iraniano dal regime degli ayatollah. Per lo stesso quotidiano americano Teheran sarebbe poi responsabile della proliferazione di armi in Cisgiordania, un'altra possibile minaccia alla sicurezza dello Stato ebraico.

Secondo le ultime indiscrezioni nel mese di settembre, quindi poche settimane prima dello shabbat di sangue costato la vita a più di 1400 israeliani, circa 500 combattenti di Hamas e del gruppo alleato della Jihad islamica avrebbero partecipato ad esercitazioni dirette da funzionari appartenenti alle forze al-Quds, il corpo speciale iraniano dei Guardiani della rivoluzione incaricato di compiere missioni all’estero. Un addestramento focalizzato sulle tecniche di combattimento a cui avrebbero partecipato militanti palestinesi di spicco e il comandante della milizia di Teheran, il generale Esmail Qaani.

Gli americani confermano che l’Iran ha supportato con regolarità i suoi proxies precisando però di non avere indicazioni di un addestramento di massa e specifico per gli attacchi del 7 ottobre, un assalto in cui gli aggressori hanno impiegato droni per neutralizzare i sistemi di sorveglianza high tech posti da Israele a sorveglianza dei confini con la Striscia di Gaza. Non è sfuggito agli analisti, inoltre, l’utilizzo da parte degli uomini di Hamas di motociclette, uno dei mezzi preferiti dai gruppi paramilitari iraniani.

Se Washington appare più cauta nel tracciare un collegamento tra il regime degli ayatollah e il gruppo islamista che controlla la Striscia, Tel Aviv invece non ha dubbi. Un portavoce delle forze di Tsahal ha infatti dichiarato che “prima della guerra, l’Iran ha assistito Hamas direttamente fornendo loro soldi, addestramento, armi e know-how tecnologico. Persino adesso condivide intelligence con loro”. Una versione non smentita in un’intervista ad Al Arabiya da Khaled Meshaal, leader dell’organizzazione riconosciuta come terrorista dagli Stati Uniti, Europa ed Israele.

Nei giorni successivi alla mattanza nel sud dello Stato ebraico, il Wall Street Journal aveva rivelato che le Forze al-Quds avevano aiutato Hamas a pianificare l’assalto più grave contro Tel Aviv e che, nel corso di un incontro avvenuto a Beirut il 2 ottobre al quale avevano partecipato anche membri di Hezbollah, aveva dato il via libera alla sua esecuzione. Washington ha espresso delle riserve su queste indiscrezioni affermando che fonti di intelligence avrebbero intercettato lo stupore di Teheran per gli attacchi compiuti da Hamas.

Il legame tra il regime degli ayatollah e i movimenti palestinesi non si limita comunque solo alla Striscia di Gaza. Infatti, secondo le ultime allarmanti notizie riportate dal quotidiano finanziario americano, Teheran sarebbe responsabile di complessi traffici di armi destinati alla Cisgiordania. L’Iran, attraverso un “corridoio terrestre” che taglia l’Iraq, la Siria e la Giordania, fornisce armamenti che in gran parte finiscono nelle mani della Jihad Islamica di Ramallah ma che interessano anche il Libano dove opera Hezbollah.

Tel Aviv, consapevole dei rischi alla sicurezza in Cisgiordania – qui si erano svolti negli scorsi mesi gli scontri più accesi tra militari israeliani e palestinesi -, aveva concentrato le sue attività di sorveglianza su quei territori lasciando scoperto il fronte meridionale. Il premier Benjamin Netanyahu era infatti convinto che Hamas non rappresentasse una minaccia e che anzi avesse decretato una tacita intesa di non belligeranza con lo Stato ebraico. Ciò avrebbe contribuito alla debacle storica dell’intelligence israeliana.

Il diluvio di armi iraniane trasportate su camion, droni e voli segreti, ha comportato un significativo deterioramento della sicurezza non solo in Cisgiordania ma anche nel Paese governato dal re Abdullah II. “Qual è il posto nel Medio Oriente in cui è più facile punire gli Stati Uniti ed Israele? La Giordania” dichiara Amer Al-Sabaileh, fondatore di Security Languages, un think tank di Amman.

Una preoccupazione in più per Tel Aviv e Washington che in queste ore si trovano ad affrontare attacchi da parte degli alleati dell’Iran a Gaza, in Libano, Siria e Yemen.

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