Politica estera

Iran a rischio esecuzione oltre cento manifestanti. L'Ue: "È ora di fermarsi"

"Dal Kurdistan a Teheran, la mia vita per l'Iran", gridano nel distretto di Ekbatan, zona ovest della capitale. "Libertà, libertà, libertà"

Iran a rischio esecuzione oltre cento manifestanti. L'Ue: "È ora di fermarsi"

«Dal Kurdistan a Teheran, la mia vita per l'Iran», gridano nel distretto di Ekbatan, zona ovest della capitale. «Libertà, libertà, libertà», invocano gli studenti dell'università di Teheran, battendo rumorosamente i piedi per farsi sentire. «Ucciderò chi ha ucciso mio fratello. Questo è l'ultimo avvertimento», ma anche «la patria non sarà nostra, finché i mullah non saranno rimossi», dicono a decine di fronte al carcere Rajai Shahr, nella città di Karaj, per chiedere di fermare l'esecuzione imminente di altri due manifestanti, dopo che sabato è salito a quattro il numero di rivoltosi impiccati per le proteste anti-regime.

A quattro mesi dall'inizio della rivolta, dopo almeno 19.290 arresti e 519 morti accertati tra i civili, compresi 70 minori (ma le vittime sono certamente molte di più, secondo l'organizzazione per i diritti umani Hrana, che ha diffuso il dato aggiornato e conta inoltre 68 uccisi tra i membri delle forze di sicurezza), la popolazione iraniana non smette di scendere in piazza e ribellarsi come può, nonostante il bagno di sangue. Quattro manifestanti sono già stati impiccati finora dal regime a causa delle proteste antigovernative e adesso altri due giovani sono stati trasferiti nel braccio della morte. La loro fine potrebbe essere questione di ore. Si tratta di Mohammad Ghobadlou, 22 anni, e Mohammad Boroughani, 19 anni. Ma sono 17 gli iraniani condannati a morte, prevalentemente ventenni, che rischiano l'esecuzione da un momento all'altro e 111 i manifestanti arrestati «sotto la minaccia imminente» di finire al patibolo, gli ultimi quattro nella sola giornata di ieri, tre dei quali per una manifestazione a Isfahan in cui furono uccisi tre membri delle forze di sicurezza. Nello stesso processo, ha scampato per un soffio la pena capitale l'ex calciatore Amir Nasr Azadani, condannato invece a 26 anni. Ne dovrà scontare invece 5 Faezeh Hashemi, la figlia dell'ex presidente Akbar Rafsanjani, condannata ieri in via «non definitiva» per «propaganda». Le sentenze delle autorità iraniane arrivano all'indomani della presa di posizione di un altro noto calciatore, Mehdi Taremi, centravanti del Porto e della nazionale iraniana, fra i giocatori più rappresentativi del Paese, che in un post su Twitter ha condannato la repressione: «Non si fa giustizia con il cappio. Quale società raggiunge la pace con spargimenti di sangue ed esecuzioni ogni giorno?», ha scritto l'asso del calcio.

Per protestare contro le esecuzioni, chiedendone lo stop immediato, le cancellerie europee fanno una mossa diplomatica simbolica, mentre Papa Francesco condanna la pena di morte in Iran e altrove: «Va abolita in tutti i Paesi del mondo». I ministeri degli Esteri francese, norvegese e tedesco, così come l'Unione europea, tramite il Segretario generale del Servizio europeo per l'azione esterna, Stefano Sannino, a nome dell'Alto rappresentante per la Politica Estera dell'Ue, hanno convocato l'ambasciatore iraniano e il Regno Unito l'incaricato d'affari iraniano, il diplomatico più alto in grado a Londra. Ma il regime non mostra alcun segno di cedimento.

Al contrario, l'ayatollah Khamenei, Guida Spirituale e più alta carica religiosa della Repubblica islamica, ha esortato di nuovo le autorità nelle scorse ore «a punire i rivoltosi in modo serio ed equo», definendo il loro un «tradimento», che «non mira a contrastare la gestione e le debolezze economiche del Paese» ma cerca di «fermare la produzione e il turismo in Iran». Un'analisi totalmente scollegata dalla realtà, mentre il Paese chiede la sua testa o quanto meno la sua uscita di scena. E ora anche Meta, la società che detiene Facebook, Whatsapp e Instagram autorizza, tramite il suo Oversight Board, l'organismo per il controllo dei contenuti, lo slogan «Morte a Khamenei».

«Non viola la regola contro le minacce violente - dicono dall'azienda di Mark Zuckeberg - perché ormai l'espressione è usata con il significato di «abbasso Khamenei».

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