Politica estera

"Si divide in sei parti": il drone cinese che può bucare le difese Usa

I progressi di Pechino nello sviluppo di droni allarmano Washington. La minaccia degli sciami di droni

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Pechino è sul punto di raggiungere un vantaggio militare strategico nella produzione dei droni? È probabile che se lo stiano chiedendo i generali del Pentagono dopo la notizia pubblicata dal South China Morning Post sui progressi raggiunti in tale settore dalla Repubblica Popolare. Scienziati cinesi hanno infatti appena confermato di aver sviluppato un nuovo tipo di velivolo senza pilota capace di dividersi in volo in sei unità più piccole e mandare in tilt i radar e le difese dell’avversario.

I progressi cinesi

Come spiegano gli scienziati dell’università di Aeronautica e Astronautica di Nanjing, a rendere questi dispositivi più temibili sul campo di battaglia è il fatto che essi siano addirittura più veloci rispetto a quelli tradizionali. Anche quando separati, l’efficienza di volo delle singole unità è superiore del 40% se comparata alla maggior parte dei velivoli di dimensioni simili.

Il (loro) principale vantaggio è la capacità di confondere la risposta dei sistemi di difesa aerei” afferma Will Shumate, esperto del Rand Corp. Le contromisure azionate da una potenza avversaria per rispondere ad un drone in avvicinamento, sostiene l’analista del think tank, sarebbero sopraffatte da un dispositivo capace di moltiplicare all’improvviso la portata della minaccia. Shumate aggiunge inoltre che, se fossero impiegati oggi in un conflitto, i nuovi droni cinesi sarebbero un vero e proprio “game changer tattico”.

Gli esperti ritengono comunque che l’annuncio dello sviluppo di questi velivoli modulari senza pilota non si traduca necessariamente in un loro impiego in tempi brevi. Tanto più che Pechino può contare su una produzione di massa di droni economici che potrebbe già neutralizzare i sistemi difensivi di qualsiasi potenza nemica.

La minaccia dal cielo

L’allarme degli Stati Uniti per i progressi in campo bellico annunciati dal Paese del dragone sono stati evidenziati dall’Ammiraglio John Aquilino, a capo del Commando dell'Indo-Pacifico, nel corso di una seduta del Comitato per le forze armate alla Camera Usa. Riferendosi al notevole aumento delle spese per la difesa approvato di recente dalla Cina, Aquilino ha affermato che “su una scala mai vista dai tempi della Seconda guerra mondiale, il rafforzamento dell’esercito popolare di liberazione sta avvenendo nei settori di terra, mare, aria, spazio, cibernetico e dell’informazione”.

Washington è convinta che il presidente cinese Xi Jinping voglia risolvere una volta per tutte, anche con la forza, la questione di Taiwan entro il 2027. Nello specifico, la minaccia rappresentata dai velivoli senza pilota in un eventuale conflitto con Pechino viene quindi presa molto sul serio dagli strateghi americani. Il Wall Street Journal ha esaminato la possibilità che sciami di droni guidati dall’intelligenza artificiale siano presto in grado di travolgere i sistemi di difesa di unità militari pachidermiche come le portaerei sconvolgendo gli equilibri sul campo di battaglia.

Mentre ci si interroga se abbia ancora senso spendere proprio in colossi dei mari come le portaerei – la Gerald Ford è costata 13 miliardi di dollari, la stessa cifra necessaria ad una nazione per acquistare 650mila Shahed, i droni suicidi iraniani - un report di Rand ha preso in considerazione uno scenario da incubo. Organizzazioni terroristiche potrebbero lanciare flottiglie di velivoli senza pilota contro infrastrutture critiche o obiettivi civili come gli stadi negli Stati Uniti.

E, secondo gli esperti del centro studi, almeno per il momento non ci sarebbe molto che l'America possa fare per prevenire una tale tipologia di attacco.

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