Politica estera

La risposta Usa alla minaccia russa: centinaia di mini satelliti nello spazio

Washington ha già in programma un piano di lancio di centinaia di satelliti più piccoli ed economici per poter contrastare le minacce russe e cinesi e garantire una continuità delle operazioni anche in caso di guerra nello spazio

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Questa settimana l’opinione pubblica internazionale ha realizzato che il primo colpo di un conflitto mondiale potrebbe essere sparato nello spazio. In pochi però a Washington sono rimasti davvero sorpresi per l’allarme alla sicurezza nazionale proveniente dai programmi che la Russia sta sviluppando contro i satelliti Usa. Ne dà conto il New York Times che ha fatto luce su un piano già avviato dal Pentagono per lanciare in orbita una costellazione di satelliti più piccoli, resilienti ed economici pensati per una possibile guerra spaziale.

A riprova del fatto che la Casa Bianca non si sia fatta cogliere del tutto in contropiede dalla nuova minaccia del Cremlino nello spazio c’è infatti il lancio avvenuto un paio di giorni fa di due satelliti denominati Hypersonic and Ballistic Tracking Space Sensors i quali avranno lo scopo di individuare missili che potrebbero essere lanciati dalla Cina, Russa o altri Paesi. Si tratta di prototipi che verranno studiati nei prossimi due anni e secondo il generale Heath Collins dell’Agenzia di difesa missilistica del Pentagono rappresentano “un passo avanti fondamentale” per contrastare gli sforzi messi in campo dalle potenze nemiche.

Il lancio appena avvenuto è parte di un nuovo programma presentato dal vicesegretario alla Difesa Kathleen H. Hicks in una cerimonia svoltasi il mese scorso presso lo Us Space Command. Qui la vice di Lloyd Austin ha di fatto archiviato una lunga era durante la quale l’America ha potuto contare su una manciata di satelliti dalle dimensioni di uno scuolabus che richiedevano “decenni per essere acquistati e costruiti e anni per essere lanciati”. Adesso il nuovo approccio del Pentagono è quello di puntare su dispositivi più “agili” che possono essere mandati in orbita con una frequenza quasi settimanale.

Il modello da cui gli Stati Uniti hanno tratto ispirazione è in parte quello realizzato da Elon Musk con il sistema di comunicazione Starlink. L’imprenditore sudafricano a partire dal 2019 è riuscito a spedire nello spazio più di 5000 “stelle” indispensabili per garantire accesso alla rete internet in condizioni estreme come guerre o disastri naturali. In base alle stime di Todd Harrison, esperto dell’American Enterprise Institute, Washington intende mandare un migliaio di nuovi satelliti entro il 2030 collocandoli in un’orbita più bassa, a meno di 1200 miglia dalla superficie terrestre, rispetto a quella adoperata in precedenza.

Come per la Nasa anche il Pentagono al momento fa affidamento proprio sui razzi della SpaceX di Musk per portare in orbita l’innovativo sistema satellitare per il quale sono stati stanziati 14 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni. Sono comunque state attivate altre imprese per sondare le capacità di lancio dei satelliti. Per dare un'idea dei progressi compiuti nel settore basti pensare che pochi mesi fa Firefly Aerospace è riuscita a mandare in orbita un carico militare appena 27 ore dopo aver ricevuto gli ordini di lancio. Il record precedente era di 21 giorni.

Quantità e rapidità sono insomma le nuove stelle polari dei piani spaziali di Washington che vedono il coinvolgimento di importanti fornitori militari come Lockheed Martin e Northrop Grumman e di aziende minori come Rocket Lab e Sierra Space. L'alto numero di dispositivi previsto permetterà agli americani di poter continuare ad operare in caso di distruzione di una parte dei propri asset e la velocità di lancio garantirà la sostituzione in tempi rapidi dei satelliti fuori uso.

Come potrà evolvere la guerra a terra dipenderà quindi da quanto avverrà sulle nostre teste.

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