Guerra in Israele

Zaher Jabarin, chi è il Ceo di Hamas che raccoglie i soldi per i terroristi di Gaza

Il Wall Street Journal rivela il profilo del palestinese che avrebbe raccolto dall'estero centinaia di milioni di dollari usati per finanziare gli attacchi di Hamas contro Israele

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“Il tempo non ha indebolito la sua determinazione. A Dio piacendo continuerà a completare questo viaggio che è il cammino della Jihad”, così scriveva diversi anni fa Saleh al-Arouri, il numero due di Hamas eliminato a Beirut da un “attacco chirurgico” attribuito ad Israele, in una prefazione ad un libro pubblicato da un suo compagno di lotta. Ed è proprio al vecchio amico di al-Arouri che il Wall Street Journal ha dedicato in queste ore un lungo profilo. Si tratterebbe di Zaher Jabarin, un uomo così cruciale nella raccolta di finanziamenti per l'organizzazione terroristica da essere stato definito dagli esperti il suo "amministratore delegato".

Nato nel 1968 e cresciuto in Cisgiordania, Jabarin sin da giovane si avvicina alla religione e agli insegnamenti dei Fratelli Musulmani, un movimento politico dal quale ha poi preso vita Hamas. Ancora adolescente è già a capo di una banda che partecipa alla prima Intifada, la rivolta contro gli israeliani scoppiata nel 1987. All'epoca per comprare armi i suoi compagni vendono macchine e gioielli delle mogli. Lui stesso chiede soldi in prestito a sua madre distinguendosi anche in attività di reclutamento tra i palestinesi, come nel caso di Yahya Ayyash, esperto nella costruzione di esplosivi.

Arrestato e condannato al carcere a vita per l’omicidio di un soldato israeliano, Jabarin in prigione impara l’ebraico, studia per ottenere la laurea e continua a coltivare i rapporti con Hamas. Viene rilasciato nel 2011 insieme a più di 1000 prigionieri e a Yahya Sinwar, il leader degli islamisti nella Striscia di Gaza, in cambio della liberazione del soldato Gilad Shalit. Nel frattempo, fuori dalla prigione molte cose sono cambiate. Infatti, nel 2007 a Gaza, a seguito di mesi di guerra civile contro Al Fatah, Hamas ha preso il controllo dei territori abbandonati unilateralmente da Israele nel 2005. È allora che per Jabarin, grazie ai suoi contatti, si apre un’opportunità unica diventando in pochi anni il principale gestore delle relazioni finanziarie tra il movimento sunnita e l’Iran, suo principale sostenitore, e arrivando a detenere un vero e proprio impero economico dal valore stimato in centinaia di milioni di dollari. Soldi che sarebbero stati utilizzati per organizzare attacchi terroristici contro obiettivi israeliani, incluso quello del 7 ottobre.

“È un onore raccogliere finanziamenti per Hamas” spiega Jabarin in un’intervista precisando di non avere legami invece con le Brigate al-Qassam, l’ala militare del gruppo. “Ad Israele piace creare confusione. Si tratta di accuse e non di fatti” aggiunge il Ceo di Hamas il quale secondo quanto riportato dal quotidiano americano ha aggirato per anni le sanzioni imposte dall’Occidente sfruttando canali in Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Libano e Sudan. L'ufficio finanziario dei fedayn presieduto dal palestinese si trova ad Istanbul, in Turchia, non a caso il Paese, oltre all’Iran, la Russia e l’Algeria, tra i più vicini all’organizzazione e dove sarebbero presenti notevoli proprietà immobiliari e persino azioni in Borsa legate al movimento.

A questo punto l’alto profilo di Jabarin lo renderebbe un possibile obiettivo degli omicidi mirati di Israele. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che sostiene gli islamisti di Gaza e non li considera appartenenti ad un’organizzazione terroristica, ha già chiarito che in quel caso Tel Aviv pagherebbe un “prezzo elevato”. Il governo di emergenza guidato dal premier Benjamin Netanyahu, consapevole che per distruggere Hamas bisognerà anche fermare il fiume di denaro che affluisce nei suoi forzieri, potrebbe però non lasciarsi spaventare dalle minacce del Sultano. “Se non bloccheremo i loro finanziamenti dall’estero ci ritroveremo a dover intervenire nuovamente” afferma Ehud Levi, un ex responsabile dell’antiterrorismo dello Stato ebraico.

Una considerazione che potrebbe aver già portato quindi all’inserimento di Jabarin nella kill list israeliana.

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