Finale di partita

Violenza chiama violenza. È impazzito il paese, non soltanto il calcio

Non è violento lo stadio, o dentro lo stadio le curve. È violento il Paese

Violenza chiama violenza. È impazzito il paese, non soltanto il calcio

Non è violento lo stadio, o dentro lo stadio le curve. È violento il Paese. Il pullman della Juventus preso a sassi, a calci e pugni sulla strada che lo portava verso il derby con il Torino. Una bomba carta esplosa dentro la curva del Torino facendo 11 feriti. La contabilità della giornata è questa, ma non spiega tutto. E soprattutto non spiega che l'impressione, e non solo quella, è che sia cambiato qualcosa. Non è l'ultrà del calcio il problema, ma l'ultrà e basta. Siamo entrati in una stagione di violenza diffusa, come se le curve abbiano esportato le loro modalità: sabato pomeriggio gli insulti alla Brigata ebraica nella manifestazione del 25 aprile a Milano; sabato mattina le sette bottiglie molotov lasciate e fatte trovare sul treno Roma-Bolzano. Venerdì 1° maggio Milano sarà blindata per la minacciosa manifestazione antagonista per l'Expo.

C'è un'inquietante continuità, c'è una strategia della tensione. Forse non c'è una regia unica, ma è come se ciascuno si reggesse un po' sulla violenza degli altri per alimentare la propria. Alleanze improbabili, sovrapposizioni destra-sinistra, con un unico nemico comune: lo Stato, sia rappresentato dalla polizia o dai mezzi di trasporto. Chi oggi legge la violenza ultrà come la leggeva anni fa, sbaglia strada. Siamo stati anni a pensare che il problema fosse militarizzare gli stadi, con risultati ridicoli: chi attaccava la polizia in uno stadio veniva preso, processato per direttissima e sbattuto in cella. Chi lo faceva in una manifestazione di protesta era considerato un liberatore dall'oppressione di uno Stato fascista che picchia poveri indifesi con i manganelli degli agenti. Oggi ci siamo resi conto che la violenza è trasversale e condivisa. Non sono più folli isolati, fuori dalla società e facilmente individuabili.

C'è un humus comune con altri tipi di violenza che prima erano considerati più accettabili. Stesse pratiche, stesso obiettivo destabilizzante, stesso atteggiamento di impunità. È un Paese impazzito in cui tutto sembra fuori controllo: lo stadio, le piazze, la sicurezza nelle metropolitane e in eventi giganteschi come Expo. Parlando dei fatti dello stadio di Torino, Alfano ha detto: «Nessuna clemenza». Ovvio, ma inutile se governo e politica continueranno a pensare che il problema sia lo stadio. Non servono leggi speciali contro gli ultrà, ci sono e per quello che vale funzionano pure. Ma è proprio questo il problema: se prendo uno che lancia una bomba carta in uno stadio e gli impedisco di entrare in un impianto sportivo per due anni, lui per due anni andrà a sfogare la sua violenza altrove: in piazza, per esempio. È già accaduto. Servirebbero leggi speciali contro tutto. Quindi non servono leggi speciali, ma leggi e basta. E capire che il violento è violento a prescindere dal contesto.

O lo punisci sempre o hai perso comunque.

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