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5 Stelle, mille abiure: casta più degli altri

5 Stelle, mille abiure: casta più degli altri

I cinque stelle hanno dieci anni. Bene, ora finalmente possono andare alle scuole medie, si potrebbe chiosare con un po' di malizia. Invece si tratta di un compleanno. Dieci candeline. Il movimento giovane per eccellenza non è più così tanto giovane. Sono passati dieci anni da quando Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, nella sede della azienda di quest'ultimo, hanno fondato il Movimento 5 Stelle. Sembrava una follia. Celeberrima la frase profetica (al rovescio) di Piero Fassino: «Grillo? Fondi un partito e vediamo quanto prende...». Non ci credeva quasi nessuno.

Un partito creato in laboratorio da un imprenditore-scienziato pazzo ossessionato dalla democrazia diretta e da un comico che mandava tutti a fanculo. C'erano tutti gli ingredienti per una barzelletta. Invece con quegli stessi ingredienti il destino ci ha cucinato gli ultimi dieci anni della storia italiana. In questo periodo il Movimento è stato tutto e il contrario di tutto. Tenendo fede al suo nome si è mosso, senza dubbio, dimostrando una spiccata attitudine per il trasformismo. Cinque stelle per mille abiure. Dovevano essere il movimento dell'uno vale uno e sono diventati il partito dove comanda una piccola setta di potentati, dovevano aprire il parlamento come una scatola di tonno e si sono incollati alla poltrona e ora fanno i pesci in barile pur di non mollarla. Per anni hanno sbandierato contatti con scienziati e premi Nobel. Reclamavano la competenza al potere e poi hanno portato in Parlamento una delle classi dirigenti più impreparate della storia repubblicana. Erano i profeti della assoluta trasparenza e adesso gestiscono il loro potere su una oscura piattaforma di proprietà di una azienda privata. Hanno costruito il loro consenso contro i poteri forti e poi a forza di frequentarli, e di corteggiarli, sono diventati a loro volta un potere forte. Una casta. Che spartisce le poltrone e suddivide tra amici e amichetti i lotti della cosa pubblica. E poi le esperienze pratiche, quelle sul territorio: tutte fallite, da Roma a Torino, passando per Livorno. E infatti, alle elezioni amministrative i pentastellati vanno sempre peggio, elezione dopo elezione. Perché chi li conosce li evita, li vota come si mette un mi piace su Facebook, traccia una X sul simbolo per recapitare un vaffa alle istituzioni, ma non li vuole tra i piedi, col cavolo che li mette ad amministrare strade, scuole e ospedali della propria città.

Ma il meglio è arrivato nell'ultimo anno, giusto per il decennale. Dovevano essere il partito più rigido e inflessibile, quello che non scende a patti con nessuno e invece, a parte il Diavolo, hanno stretto accordi con chiunque. Si sono fatti concavi e convessi, hanno accettato tutto e tutti. Il vaffanculismo si è evoluto in leccaculismo.

Con invidiabile disinvoltura hanno trasformato il nemico in amico, sbianchettato anni di battaglie, slogan e insulti. Prima il matrimonio con la Lega di Salvini e poi l'abbraccio mortale col Pd. Il partito di Grillo al governo con quello di Renzi, quello che fino a ieri l'altro chiamava l'Ebetino. Un capolavoro e, a dieci anni dalla fondazione, la rappresentazione più chiara di quello che rimane dei grillini: l'opportunismo. Non sono come tutti gli altri, sono peggio. Perché hanno anche la pretesa di essere migliori. Buon compleanno.

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