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Il 60% degli italiani sta peggio che nel 2014

Il sondaggio parla chiaro e la percezione è diffusa: il benessere è in arretramento da quando Renzi è a Palazzo Chigi

Il 60% degli italiani sta peggio che nel 2014

Le notizie sulla situazione economica del nostro Paese si succedono tutti i giorni, suscitando visioni e impressioni diverse, spesso contrastanti fra di loro. Alle raffigurazioni positive, evocanti una crescita (provenienti soprattutto da fonti riconducibili al governo) si contrappongono letture opposte che disegnano un quadro negativo, con previsioni di un ulteriore peggioramento.

Di fronte a queste comunicazioni contraddittorie, i cittadini sono spesso disorientati, sia per quel che riguarda il bilancio dei mesi trascorsi, sia per la percezione della possibile evoluzione.

Nell'insieme, sembrano però trovare ancora largo spazio gli atteggiamenti di tipo pessimista, che contribuiscono a delineare uno scenario in buona misura negativo del mood degli italiani sulle tematiche economiche. È ciò che emerge da un recente sondaggio, condotto dall'Istituto Eumetra Monterosa su di un campione rappresentativo della popolazione al di sopra dei 17 anni di età.

Considerando il passato degli ultimi due anni (vale a dire, grossomodo il periodo di azione del governo in carica), infatti, solo il 3% dei rispondenti definisce «migliorata» la propria situazione economica. Oltre a una comprensibile anche se di modesta entità accentuazione tra chi indica una intenzione di voto per il Pd, emerge una maggiore frequenza relativa di questa affermazione tra le persone giovani in età lavorativa (dai 25 ai 34 anni), tra chi possiede un titolo di studio più elevato e tra chi esercita una professione di più alto livello, come imprenditori, dirigenti e liberi professionisti. Anche in tutte queste categorie, comunque, questa risposta ottimistica non arriva a superare il 9%. Insomma, una quota molto limitata di italiani manifesta una vera soddisfazione per ciò che, dal punto di vista economico, è avvenuto negli ultimi anni.

Assai più consistente è la numerosità di chi si dichiara contento della propria condizione attuale, ma la considera invariata rispetto a due anni fa. Lo sostiene il 37% degli intervistati, con una maggior frequenza tra i più giovani (specie gli studenti), i residenti nelle grandi città del Nord Ovest e, ancora una volta, gli elettori del Pd (e, in misura minore, quelli del M5s). Nell'insieme circa il 40% del campione definisce «positiva» la propria condizione economica, pur senza intravedere grandi mutamenti negli ultimi due anni.

Ma il restante 60%, la maggioranza dei rispondenti, ha una percezione opposta e reputa «negativa» la situazione economica attuale propria e della propria famiglia. Anche tra costoro una larga parte (31%) non ritiene di rilevare variazioni significative negli ultimi due anni: si tratta soprattutto di persone in età centrale (35-44 anni) e, specialmente, di operai (tra i quali questa risposta tocca il 43%). Per costoro insomma, si sta male esattamente come prima.

Vi è tuttavia chi denuncia un peggioramento, più o meno sensibile del proprio status economico nel periodo recente. Si tratta di una quota consistente di intervistati, pari a quasi uno su tre (29%). Con una particolare accentuazione negli strati più deboli della società: gli anziani oltre i 65 anni, chi ha un basso titolo di studio (ove questa risposta tocca quasi la metà, il 44%), e i disoccupati, tra i quali l'atteggiamento pessimista supera il 50%. C'è, in definitiva, una parte consistente di popolazione che vive male la congiuntura e ha la convinzione che le cose siano andate via via peggiorando.

Ma per il futuro? Gli italiani intravedono nei prossimi dodici mesi una svolta in positivo della loro condizione economica? Ancora una volta, il campione intervistato si divide, con pareri decisamente contrastanti fra loro. Per una minoranza (meno di un rispondente su dieci, il 9%), la propria situazione, dal punto di vista economico, addirittura migliorerà di qui a un anno. Questi ottimisti (beati loro) sono relativamente di più tra quanti posseggono una laurea o sono studenti universitari che si apprestano a entrare nel mondo lavorativo e sono comprensibilmente speranzosi. Ma esprimono una visione positiva anche coloro che affermano comunque che la loro condizione resterà «positiva come ora», senza prevedere particolari variazioni. Si tratta di ben il 42%, con un'accentuazione tra chi si trova in un'età lavorativa matura (45-65 anni).

Anche in questo caso l'altra metà del campione intervistato propone una opinione opposta, assai meno confortante. Secondo il 32%, il proprio stato economico rimarrà «negativo come ora» (lo dicono in particolare i residenti nei grandi centri, i pensionati e gli elettori della Lega). E secondo un altro 15% andrà peggiorando nei prossimi mesi. Questa visione più fosca è manifestata soprattutto dalle fasce meno centrali socialmente (e per questo più esposte alla crisi economica), vale a dire gli anziani oltre i 65 anni, i possessori dei titoli di studio meno elevati, le casalinghe e i disoccupati.

Nell'insieme emerge dunque un clima di opinione diviso, nell'ambito del quale a una consistente quota di soddisfatti (più per ciò che riguarda le aspettative per il futuro che il bilancio degli ultimi due anni) si contrappone, specie negli ambiti sociali e occupazionali più bassi, un'estesa preoccupazione e una diffusa delusione per l'evoluzione negli ultimi anni del proprio status. Si tratta di una vera e propria frattura di percezioni che caratterizza oggi la nostra società.

Che ci porta a considerare che l'esistenza di una così ampia estensione delle visioni negative non può che rappresentare un fattore di preoccupazione per gli sviluppi futuri del Paese.

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