Elezioni Europee 2019

AAA leader cercasi per l'Europa

AAA leader cercasi per l'Europa

Aaa leader europei cercasi disperatamente. Non è uno scherzo. La vera emergenza del dopo elezioni non sarà l'ormai improbabile vittoria dei movimenti sovranisti, ma la debolezza dei partiti tradizionali chiamati a governarla e riformarla. E ancor di più la loro incapacità di esprimere dei leader capaci di cambiare l'Unione europea, e restituirle la fiducia dei suoi cittadini. Il vero simbolo di questo male oscuro è il 46enne Spitzenkandidat Manfred Weber, ovvero il «candidato designato» dal Partito popolare europeo - ma sarebbe meglio dire da Angela Merkel - alla presidenza della nuova Commissione europea. Nonostante occupi un seggio all'Europarlamento sin dal 2004, quando aveva solo 32 anni, Weber resta un vero Carneade per la gran parte degli europei. E lo è persino nella sua Germania dove, dicono i sondaggi, solo un elettore su quattro sa chi sia. Ma non è solo una questione di riconoscibilità. In fin dei conti Weber rischia, infatti di risultare più incapace che sconosciuto. A differenza di Romano Prodi, Josè Manuel Barroso e Jean Claude Juncker, traghettati alla testa della Commissione dopo aver governato a casa propria, l'attuale capogruppo Ppe all'Europarlamento non ha mai guidato neanche un'assemblea di condominio e rischia di trasformarsi in un burattino alla mercé dei burocrati e delle lobby che controllano Bruxelles. Il primo a contestarlo è Emmanuel Macron implacabile nel sostenere che un'esperienza di governo sia un requisito essenziale per succedere a Juncker. Peccato che dietro quella presunta richiesta di competenza si nasconda il tentativo di consegnare la Commissione a Michel Barnier: il funzionario francese responsabile del negoziato, fin qui non troppo ben riuscito, per l'uscita della Gran Bretagna dall'Unione. Un candidato insomma altrettanto oscuro, ma agli ordini di un presidente francese convinto di poter sostituire una Angela Merkel vicina al pensionamento per diventare l'unico e vero leader europeo. Un'aspirazione che rischia di rivelarsi ridicola se domenica, come annunciano i sondaggi, il Rassemblement National di Marine Le Pen umilierà En Marche dell'ambizioso presidente. Le velleità di Macron sono parte dello stesso male oscuro che ha portato alla designazione di Weber. Debole in Francia, dove la sua popolarità non riesce a risalire oltre il 30%, Macron risulta assai poco amato anche nel resto del Continente ed è quanto mai lontano dal rappresentare un leader riconosciuto da tutti gli europei. A rendere tutto ancor più difficile s'aggiunge la prospettiva di un'Ue affidata a una «coalizione dei perdenti», la maggioranza formata da popolari e socialisti con l'aggiunta dei liberali dell'Alde. All'interno di questa nuova coalizione solo i nuovi arrivati potranno vantare un minimo incremento dei voti. Il Ppe e i Socialisti ci arriveranno invece dissanguati da una pesante emorragia elettorale sintomo della sempre più scarsa capacita di rappresentare i cittadini europei. Alla mancanza di leader riconosciuti e di partiti legittimati a governarla l'Europa non può nemmeno contrapporre una presunta coesione geopolitica. Gran parte dell'Europa Orientale, o meglio quel blocco di Visegrad guidato dall'Ungheria di Viktor Orban e dalla Polonia di Jarosaw Kaczynski è già pronta a ribellarsi alla «coalizione dei perdenti» per far gruppo a sé.

Sopravvissuta ai colpi dei sovranisti l'Unione europea rischia insomma di spegnersi per una forma di banale quanto inesorabile consunzione.

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