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"Abbiamo votato per lui" I pentiti imbarazzano Delrio

Agli strani viaggi in Calabria del ministro si aggiungono le parole di alcuni boss: "Eletto con i voti dei cutresi". Il pressing M5S

"Abbiamo votato per lui" I pentiti imbarazzano Delrio

Milano - Il ministro dei Trasporti Graziano Delrio non poteva non sapere che da vent'anni la 'ndrangheta fa affari nella sua Reggio Emilia. E non poteva non sapere che a Reggio Emilia la cosca guidata da Nicolino Grande Aracri faceva il bello e il cattivo tempo. Il 7 ottobre 2012 fu sentito «come persona informata sui fatti» dalla Dda di Bologna che stava conducendo la maxi inchiesta AEmilia il cui processo è in corso. Galeotto un viaggio a Cutro nel 2009 in occasione della festa del Santo Crocefisso («Sono andato perché abbiamo un gemellaggio», la versione di Delrio agli inquirenti) di cui esistono foto «istituzionali» del ministro con gli altri sindaci della zona, già uscite su molti giornali.

Qualche balbettio Delrio lo pronunciò davanti alle domande sul boss Grande Aracri, famiglia potentissima che secondo le rivelazioni di un pentito di una importante famiglia crotonese sarebbe ormai il riferimento di tutte le famiglie della 'ndrangheta dell'area catanzarese. «So che esiste Grande Aracri. Nicola? Non lo avevo realizzato. Sapevo che era calabrese, non sapevo che era originario di Cutro. So che è collegato alla 'ndrangheta legata... diciamo... anche a Cutro».

Quella visita istituzionale fu uno scivolone. Il procuratore Roberti fu il più duro: «Se vai a fare campagna elettorale in Calabria, vuol dire che sai che l'appoggio alla tua elezione viene da lì». Il vicepresidente dell'Antimafia Claudio Fava lo definì «una leggerezza», don Luigi Ciotti di Libera «una sottovalutazione non confacente al suo ruolo». E a nulla valsero le spiegazioni che diede Delrio quando accompagnò una delegazione di cutresi dall'allora prefetto reggiano Antonella Demiro, oggetto allora di una campagna stampa perché considerato anti meridionalista (ma in realtà era minacciata dalla 'ndrangheta).

Le carte dell'inchiesta hanno messo in grande imbarazzo il suo ex braccio destro Luca Vecchi (attuale sindaco) e sua moglie Maria Sergio, già dirigente all'Urbanistica di Reggio Emilia oggi distaccata a Modena per via della storiaccia di una casa comprata da Francesco Macri, arrestato e sotto processo perché ritenuto dagli inquirenti antimafia un prestanome della 'ndrangheta. Vecchi ha respinto qualsiasi accusa e ha dichiarato che né lui né la moglie si sarebbero accorti per più di un anno da chi avessero acquistato casa. Per non parlare di Antonio Gualtieri, considerato dai pm la mente degli investimenti finanziari del clan della 'ndrangheta Grande Aracri, pizzicato dagli investigatori a cena con il sindaco di Verona Flavio Tosi, oggi stampella del governo di Matteo Renzi.

Da mesi i grillini chiedono che Delrio vada in commissione Antimafia a chiarire. Presto lo stesso ex sindaco potrebbe essere chiamato sul banco dei testimoni del processo AEmilia. Uno degli imputati, Pasquale Brescia, in una lettera dice che Vecchi e Delrio furono eletti «grazie ai voti dei cutresi».

Millanterie? In serata Delrio ospite di Lilli Gruber su La7 bofonchia: «Non mi faccio dare del mafioso da nessuno».

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