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"Abe leader del dialogo Il suo omicidio esaspera l'instabilità"

L'ex ambasciatore italiano a Tokyo: "Un partner fedele degli Usa, ma ha tentato strade nuove"

"Abe leader del dialogo Il suo omicidio  esaspera l'instabilità"

«Sono molto triste, è un grande dolore. È una persona che ho conosciuto stimato molto e con cui avevo un rapporto di stima e sincera amicizia». Giorgio Starace oggi è ambasciatore italiano in Russia,al lavoro nel tessere la tela della diplomazia alla ricerca di una pace complicata. Per quattro anni, dal 2017 al 2021, è stato ambasciatore d'Italia a Tokyo costruendo un rapporto solido con l'ex premier Shinzo Abe e acquisendo conoscenze profonde di una Paese che per noi occidentali risulta spesso avvolto nel mistero.

Ambasciatore, chi era Shinzo Abe?

«Un giapponese molto internazionale, molto aperto, estroverso. Noi siamo abituati alla discrezione dei giapponesi come tratto identificativo del carattere. Abe era un uomo di grande personalità, istintivamente molto simpatico e anche con un grande senso dello humor».

Un politico che ha fatto molto per il Giappone, anche a livello internazionale.

«Aveva stabilito rapporti di sincera amicizia con i leader del G7 ed era molto stimato da tutti. Ha fatto moltissimo per il Paese, ha assicurato una forte stabilità politica sotto la sua guida».

C'è un aneddoto o un ricordo personale che le viene in mente?

«In ambasciata c'era una poltrona della società italiana Kartell disegnata da Lapo Elkann con la bandiera del Giappone. Abbiamo fatto una foto insieme ed era contento come un bambino. E poi ho un altro ricordo particolare, legato all'Italia».

Ovvero?

«Mi rivelò che lui, a parte i notiziari, non guardava mai la televisione. Faceva un'unica eccezione: ogni sabato guardava un programma su un canale privato giapponese dal titolo come si vive nei borghi italiani, girato da una troupe giapponese nei paesi remoti della nostra Penisola, con musiche di cantanti italiani in sottofondo. Questo per dimostrare quale fosse la sua grande simpatia e la sua attrazione nei confronti dell'Italia».

L'assassinio di Abe sconvolge anche di più perché il rapporto del giapponese medio con la politica è molto differente dal nostro.

«È vero, i giapponesi appaiono abbastanza distanti dalla politica, però sono certo che questo fatto abbia colpito molto la popolazione perché in qualche modo erano tutti legati ad Abe».

Un fatto inaspettato o in qualche preventivabile?

«È un Paese dove da molto tempo non si verificavano episodi di tale gravità. Tra l'altro in una società che in generale non si può considerare affatto violenta e dove vige una strettissima politica delle armi».

Un atto così tragico, può secondo lei cambiare qualcosa a livello internazionale?

«Difficile rispondere. Sicuramente se il caso rientra nella semplice azione di uno squilibrato, lo escluderei. Se invece dietro ci fosse il terrorismo o la politica con una matrice precisa, allora si potrebbero aprire discorsi differenti».

Con il Giappone che storicamente si ritrova ad essere stretto tra la forte alleanza con gli Usa e la vicinanza con la Cina.

«Assolutamente. La politica di Abe da premier si è sviluppata nel solco di una fortissima partnership con gli Stati Uniti ma è stato anche colui che si è speso per tentare di trovare un sistema di dialogo con il difficile vicino cinese. Con esiti non facili, ma per cui lui si è sforzato davvero molto».

Quel che è certo è che il momento geopolitico sia complicatissimo. Dalla guerra in Ucraina, alle dimissioni di Johnson, fino all'assassinio di Abe. Non semplifica...

«È successo di tutto. L'instabilità non aiuta di certo. Personalmente spero nella stabilità, con calma e sangue freddo si può cercare di ricomporre le situazioni».

In questo momento complesso, chi o cosa può fare la differenza per abbassare il livello della tensione?

«Uomini della statura di Shinzo Abe».

Ne vede molti?

«L'Italia, con il nostro Presidente del Consiglio, il ministro degli Esteri e tutta la struttura della Farnesina sono in prima linea per ottenere il cessate il fuoco e avviare un'attività diplomatica».

Com'è la situazione in Russia?

«Siamo compatti con i nostri alleati e con i nostri partner occidentali. E siamo qui per dialogare e spiegare le nostre ragioni che sono quelle della pace, del cessate il fuoco e del negoziato. Siamo tutti compatti con partner europei ed atlantici per tentare di fare in modo che tutto questo termini».

La diplomazia è la chiave o è un momento troppo complicato per il dialogo?

«Non bisogna rinunciare mai alla diplomazia. Dobbiamo avere pazienza e continuare a testa bassa.

La guerra non risolve nulla, è contro la nostra etica e contro l'etica stessa e il fondamento dell'Italia e dell'Europa».

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