Cronache

Abusò di una bimba ma lo Stato lo assume come prof alle medie

Condannato per pedofilia ha ottenuto una cattedra a Torino. La famiglia della vittima si ribella: "È una vergogna"

Abusò di una bimba ma lo Stato lo assume come prof alle medie

Una storia odiosa. Una violenza sessuale su una bambina di sette anni. Ma ancora più sconvolgente è il seguito: lui oggi insegna in una scuola media di Torino. Con tanto di contratto a tempo indeterminato. Docente di ruolo, professore di matematica. Così da tre anni, a partire dal settembre 2011. Sembra incredibile ma la condanna definitiva non ha scalfito la sua carriera. Peggio ancora: l'uomo non ha nemmeno pagato la provvisionale a suo tempo stabilita dai giudici: 27 mila euro. E cosi i familiari di Francesca, nome di fantasia, sono stati costretti a pignorare lo stipendio. Una vicenda dolorosa e straziante che mostra tutte le falle del nostro sistema giudiziario e la debolezza dei meccanismi disciplinari.

Si, perché, invece di essere licenziato per quello che aveva fatto, a lui è arrivata addirittura la promozione, sotto forma di assunzione. Professore di matematica, a Torino: prima nella media di via Valenza, oggi alla Fermi. La storia, che si è trascinata per sedici anni, comincia nell'estate 98 quando la mamma manda Francesca in vacanza in un kinderheim di Lignano Sabbiadoro. Qui entra in azione l'animatore che le mette ripetutamente le mani addosso. Toccamenti e sfregamenti nelle parti intime, approfittando dei momenti dedicati all'igiene. Francesca torna a casa, in Piemonte, e racconta tutto. La violenza viene denunciata subito, non a distanza di mesi o di anni come capita purtroppo in molti casi per la difficoltà delle vittime oppresse dalla vergogna o per un senso di colpa. La giustizia pero ha i suoi tempi, lenti, anzi vergognosi. Risultato: la condanna arriva solo nel 2004. Tre anni e 6 mesi di carcere. In appello, ormai nel 2007, la pena scende e viene quasi dimezzata ricorrendo al patteggiamento: 1 anno e 8 mesi. Insomma, l'animatore che ha abusato di una bambina indifesa va avanti come se niente fosse. «È per questo - spiega l' avvocato Roberto Ponzio - che abbiamo deciso di rendere pubblica la storia. Perché questa è una vergogna durata troppo a lungo ed è scandaloso che questo signore abbia trovato un posto di lavoro a carico del contribuente, per di più nel delicatissimo mondo dell'educazione. Il comportamento dell'imputato è stato inqualificabile dall'inizio alla fine». Dopo la condanna, e senza nemmeno un giorno di carcere, resta all'educatore - parola nobile che in questo contesto mette a disagio - un solo obbligo: pagare la provvisionale destinata alla vittima. Ventimila euro, saliti piano piano per gli interessi. Ma il versamento rimane un miraggio. Zero.

Lui trova lavoro nella scuola di via Valenza, a Torino, ma non si preoccupa minimamente di dare un solo euro alla parte civile che chiede solo il rispetto del verdetto. Poi si trasferisce alla Fermi, ma non cambia niente. La bambina è ormai una donna di 22 anni, la storia non trova una fine, la ferita resta aperta. «Il trauma subito in quell'estate è stato superato, ma c'è voluto molto tempo e molta fatica - aggiunge Ponzio - e troviamo inaccettabile tutto quello che è successo e tutte le umiliazioni cui la famiglia di Francesca è stata sottoposta. La mamma della ragazza è venuta tante volte nel mio studio di Alba per chiedermi conto dei troppi perché senza risposta che l'hanno mortificata: perché questo signore non abbia fatto un giorno di galera, perché la sentenza sia arrivata così tardi, perché lui non si sia mai occupato del processo e delle nostre richieste». Pare impossibile ma per ottenere il pagamento della cifra stabilita dai giudici, l' avvocato Ponzio è stato costretto a pignorare lo stipendio dell'ex animatore, oggi a contatto con i ragazzi dopo aver carpito l'innocenza di una bambina. Un quinto della retribuzione, mese dopo mese. Finche, qualche settimana fa, l'uomo ha finalmente deciso di saldare il suo debito. E la storia è andata in archivio. Troppo tardi anche per la famiglia di Francesca.

«La giustizia non ci ha tutelato -conclude Ponzio- e allora rompiamo il riserbo per tutelare come possiamo l'opinione pubblica».

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