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Adesso Di Maio apre ai cambi di casacca Il giallo dei "10 punti"

Dubbi sul programma-base per l'inciucio Espulsi recuperati. Scalfari benedice Di Maio

Adesso Di Maio apre ai cambi di casacca Il giallo dei "10 punti"

Continuare lo «scouting» nel Pd, incassare l'appoggio di Confindustria e Marchionne, festeggiare a Pomigliano d'Arco. Il post-voto di Luigi Di Maio comincia lunedì sera quando il candidato premier lascia il quartier generale dell'Hotel Parco dei Principi di Roma. Lo aspetta una cena in un ristorante della Capitale insieme allo stato maggiore del M5s. Ci sono Davide Casaleggio, Beppe Grillo, Roberto Fico, i fedelissimi Bonafede e Fraccaro e gli ormai ex giornalisti Gianluigi Paragone e Emilio Carelli. Non si parla soltanto di politica, ma la portata più importante, al tavolo grillino, è l'analisi del discorso di Matteo Renzi. Quello delle «dimissioni congelate» e della chiusura al Movimento. I vertici del «primo partito d'Italia», dimenticato l'aplomb istituzionale, pare che in privato si siano divertiti a sfottere il segretario dem. Continuando a scommettere sulla sua solitudine e sul «senso di responsabilità» di parte del Pd.

Di Maio ieri ha registrato un altro endorsement da parte della minoranza dem. Michele Emiliano, da sempre, è un teorico degli «equilibri più avanzati» tra la sinistra e i grillini. E il dialogo è facilitato dall'elezione al Senato a Bari del pentastellato Gianmauro Dell'Olio, amico e socio in affari di Claudio Stefanazzi, capo di gabinetto di Emiliano in Puglia. Così Francesco Boccia, uomo del governatore pugliese, ha ribadito, a chiare lettere: «Io penso che, pur restando all'opposizione, si debba poter valutare un appoggio esterno per far nascere il governo». L'idea, tra l'altro, combacia con la strategia di Di Maio e i suoi. «Perché - dice una fonte pentastellata - ci permetterebbe di dire che si tratta di un governo del Movimento. Eviteremmo di essere tacciati di "inciucismo"». Un accordo con la Lega, lunedì giudicato impossibile, sale leggermente nelle quotazioni, diventando ora «l'ultima opzione di riserva». L'appello a singoli parlamentari del Pd a votare la fiducia a un governo M5s stride con la retorica pre voto, quando Di Maio invocava una norma anticambio casacca pur se contraria al dettato costituzionale sul divieto di mandato imperativo. Ma la campagna elettorale è finita e i 5 Stelle non sono certo nuovi a svolte all'insegna del pragmatismo. Smentita da Di Maio invece la voce secondo cui sarebbero stati proposti 10 punti programmatici agli altri partiti.

Intanto Di Maio incassa il riposizionamento dei poteri forti, benedetto da Confindustria e Fiat. E un diplomatico americano anonimo, intervistato dall'Huffington Post, azzarda: «M5s non è un salto nel buio. Vediamoli alla prova». Eugenio Scalfari, fondatore di Repubblica, prova a dare la linea alla sinistra, giocando di nuovo al gioco della torre: «Meglio Di Maio di Salvini», ha sentenziato dopo, a novembre scorso aveva fatto storcere il naso ai progressisti quando aveva detto di preferire Berlusconi al candidato premier grillino.

Pare che Luigi Di Maio sia «impensierito dalla gestione degli "espulsi" eletti». Almeno quattro sono sicuri di un seggio. E, come era evidente, non sarà l'espulsione a toglierglielo. Maurizio Buccarella, uno dei senatori coinvolti nel caso dei rimborsi depositati e poi ritirati, ha detto di aver rinunciato alla proclamazione, ma che la procedura (palesemente impossibile stando ai regolamenti) «non è andata a buon fine». E ha aggiunto che, anche dal gruppo Misto, «appoggerà il Movimento». Una conferma che le espulsioni erano poco più che una pantomima.

Di Maio intanto, in serata è arrivato a Pomigliano D'Arco, per una festa con gli elettori del suo collegio.

Ma sempre con un occhio al Nazareno.

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