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Adozioni gay, il Pd litiga: salta l'intesa coi cattolici

Lungo vertice dem con Zanda e Boschi: "Supereremo gli ostacoli". Scontro con le opposizioni sull'emendamento che cancella gli altri

Adozioni gay, il Pd litiga: salta l'intesa coi cattolici

«Andiamo in aula con ampie possibilità di superare gli ostacoli». Il presidente dei senatori Pd Luigi Zanda, alla vigilia del voto cruciale di oggi pomeriggio, si mostra sicuro. Anche se ieri pomeriggio la lunghissima riunione dei vertici (era presente anche il ministro Maria Elena Boschi, mentre Matteo Renzi era in volo per l'Argentina) con i cosiddetti «cattodem», il gruppetto di parlamentari tenacemente ostili alla famosa stepchild adoption, non ha prodotto lo sblocco interno su un accordo definitivo. «C'è ancora un sacco di tempo per lavorarci, di qui alle 16.30 di oggi, quando si inizierà a votare. Vedrete che un'intesa si trova», spiegano i tessitori.L'ottimismo, sia pur cauto, deriva da due fattori: la pattuglia dei «cattodem» si è notevolmente assottigliata, quelli disposti a portare fino in fondo una battaglia che rischia di far saltare l'intera legge, mettendo in difficoltà lo stesso governo, non sarebbero più di una decina (dai 30 che avevano dichiarato i propri dubbi sul ddl Cirinnà) come dimostra il fatto che la raccolta di firme sulla richiesta di stralcio per la stepchild è fallita proprio per l'esiguo numero di adesioni. E il famoso «canguro», il maxiemendamento riassuntivo della legge su cui ci si conterà oggi in apertura, e che consentirebbe di sventare l'ostruzionismo della Lega, verrà votato a scrutinio palese. «È una forzatura incostituzionale, si preclude al Senato ogni possibilità emendativa», tuona il leghista Roberto Calderoli.Così come a scrutinio palese si voterà la richiesta, sulla quale puntano Ncd e cattodem, di esaminare il medesimo «canguro» per parti separate, isolando quindi la questione stepchild adoption che sarebbe poi a sua volta sottoposta a scrutinio segreto. Ma il Pd si schiererà per il no al cosiddetto «spacchettamento», e chiederà di respingere la richiesta. Secondo i calcoli che si fanno in casa democrat non dovrebbero essere più di una decina i voti in dissenso, anche se avranno un loro peso politico perché tra loro diversi saranno i renziani doc: da Lepri alla De Giorgi a Santini. Una prima spaccatura ufficiale nel campo dei supporter della prima ora del premier. Il quale però ha dato un mandato preciso: portare a casa la legge con meno modifiche possibile, e pazienza se qualcuno dei suoi gli voterà contro.Anche per questo le agitate pressioni dei dissidenti Pd e del povero Angelino Alfano non hanno prodotto effetti di rilievo, e Pd e governo hanno continuato a tenere la barra ferma sul «no» allo stralcio delle adozioni. «Ci è chiaro che se si media troppo alla fine non si porta a casa nulla», dice il sottosegretario Ivan Scalfarotto. Dunque, l'unico compromesso che si offre al fronte anti stepchild adoption è quello, una volta blindato il ddl Cirinnà grazie al «canguro», di inserire qualche modifica che renda più severe e vincolanti le norme dell'articolo 5, quello sulle adozioni: attraverso due anni di pre-adozione (da estendere anche alle coppie eterosessuali, per evitare squilibri), un percorso più rigido per il via libera della magistratura, e c'è anche l'ipotesi di limitare la norma casi già in essere: una sorta di «sanatoria» per le famiglie di fatto già formate.

Se ne discuterà nelle prossime ore, per tentare di stringere un patto interno al Pd.

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