Cronache

Agente abusò di una ragazzina. Ma i giudici gli ridanno la divisa

Il poliziotto ha fatto ricorso al Tar della Lombardia. Il tribunale lo salva: "All'epoca era ancora nell'esercito"

Agente abusò di una ragazzina. Ma i giudici gli ridanno la divisa

Ha aiutato gli stupratori di una ragazzina, tra cui suo fratello, a cercare di farla franca dopo averla martoriata per due anni; e poi si è portato a letto la ragazzina stessa, sebbene avesse appena quindici anni. Ma continuerà a fare il poliziotto. In tempi in cui di violenza sulle donne si fa giustamente un gran parlare, in direzione opposta al comune sentire si muove una sentenza del Tar della Lombardia che riammette al servizio attivo un poliziotto cacciato dal servizio dopo essere stato coinvolto nelle indagini su un turpe episodio avvenuto a Melito Porto Salvo, in provincia di Reggio Calabria. I giudici non mettono in discussione che i fattacci siano avvenuti, ma si arrampicano su questioni di diritto che li portano alla sconcertante decisione finale.

Era il settembre del 2016 quando la procura di Reggio Calabria arrestò un branco di stupratori guidato dal giovane esponente della famiglia Iamonte, uno dei clan storici della 'ndrangheta reggina. La fidanzatina di uno del branco, Davide Schimizzi, era stata ricattata dal suo ragazzo: se non vai anche con i miei amici, faccio girare le tue foto nuda. Lei, una ragazzina fragile, era finita in un incubo di stupri e angherie durato due anni.

Dalle carte dell'inchiesta saltò fuori il nome di Antonino Schimizzi, il fratello di Davide, poliziotto in servizio a Monza. Si scoprì che a lui il fratello chiese consiglio quando fu convocato per la prima volta dai carabinieri, ed ecco come gli rispose: «Allora tu in ogni qualsiasi caso ti chiamano, tu vai e dici io non mi ricordo niente! Perché no! Gli devi dire che quando mi chiamate in giudizio poi ne parliamo, adesso a titolo informativo non vi dico niente! E scrivete quello che volete! Non ho nulla da dichiarare! Esattamente così! Così gli devi dire! Davide non fare u stortu, così gli devi dire, perché altrimenti ti fanno fare, ehm ti danno un'altra cosa, tu non gli dire niente, perché se gli dici qualcosa fanno un'altra cosa loro, capito? E poi rompono i coglioni!». Ce ne sarebbe a sufficienza per rispondere di favoreggiamento. E non è tutto. Si scopre che anche Antonino ha approfittato della ragazzina. Un rapporto consenziente, e sopra i quattordici anni non c'è la presunzione di stupro: ma nell'ordinanza di custodia il giudice aveva rimarcato come «la giovane parla di consenso, ma la sua volontà già acerba ed incompleta per età e condizione evolutiva, era fortemente viziata e mutilata da una condizione di disistima e di disprezzo per la propria persona e di totale svilimento del proprio corpo che era stato ridotto (non da lei, ma da un manipolo di balordi) ad oggetto da usare al soddisfacimento dei propri brutali e patologici istinti sessuali».

Il 10 gennaio 2017 il Consiglio di disciplina decide la destituzione del poliziotto dal servizio: con i suoi suggerimenti al fratello «ha denotato l'assenza dei valori di lealtà, rettitudine e abnegazione che devono rappresentare il patrimonio genetico di ogni appartenente alla polizia di Stato».

Ma il Tar della Lombardia ora gli restituisce divisa e pistola. Motivo: quando aveva avuto rapporti sessuali con la vittima non prestava servizio in polizia ma nell'esercito. Non è chiaro cosa cambi nella gravità del fatto, ma secondo i giudici del Tar basta questo per reintegrare Schimizzi in servizio.

E i consigli dati al fratello per schivare le indagini, forniti quando era già arruolato in polizia e aveva già giurato di essere fedele soltanto alla legge? La sentenza, semplicemente, non ne parla.

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