Cronache

Agente preso a calci: ischemia Il suo aggressore subito libero

All'autore, un immigrato russo, il giudice ha dato soltanto l'obbligo di firma. Insorgono i sindacati

Agente preso a calci: ischemia Il suo aggressore subito libero

È ormai un gioco al massacro. La tragedia di Trieste è solo l'ultima macchia di sangue sulla lunga strada di aggressioni che coinvolgono ogni giorno gli uomini delle forze dell'ordine. Malgrado le grida di allarme dei poliziotti, sempre inascoltate dalla politica, quotidianamente poliziotti e carabinieri vengono mandati per strada senza adeguati strumenti e mezzi.

Nemmeno a farlo apposta, sempre venerdì, prima dei fatti di Trieste, un altro dramma era accaduto a Cecina (Livorno): due poliziotti sono finiti in ospedale a causa dell'aggressione da parte di un uomo di nazionalità russa, già noto alle forze dell'ordine, e sotto l'effetto di alcol e droghe. Una poliziotta è stata colta da ischemia a causa dei calci ricevuti sul petto. Il collega poliziotto, che era con lei durante il normale servizio di volante, ha riportato invece lo stiramento del rachide con dieci giorni di prognosi.

Ma la cosa inaccettabile è che il colpevole, subito arrestato e processato per direttissima ieri mattina, è stato scarcerato dal giudice. «Lo straniero commenta Stefano Paoloni, segretario generale del Sap dopo l'arresto ha continuato a insultare gli agenti e a sputargli addosso. Ma nonostante la richiesta di custodia in carcere da parte del pm, il giudice l'ha rimesso in libertà, imponendogli solo l'obbligo di firma in commissariato, con un orario a lui comodo affinché possa lavorare senza interruzioni. In questo modo si continua a legittimare la violenza contro gli uomini in divisa. Trieste non ha insegnato nulla».

Durissimo anche Valter Mazzetti, segretario generale della federazione Fsp Polizia di Stato: «C'è davvero qualcosa che non va, e continuare a fingere che non sia così è un'offesa all'intelligenza di tutti. Nulla così può funzionare. Il sistema non è coerente. La politica sorvola totalmente sulle reali necessità della sicurezza ma tutto, alla fine dei conti, è nelle mani di chi siede su comode poltrone permettendosi il lusso di ricordarsi delle Forze dell'ordine solo quando c'è da stilare una nota di cordoglio. Le norme e l'apparato giudiziario sono a dir poco molli rispetto alla durezza della violenza con cui le forze dell'ordine fanno i conti; e quando questo succede non si spezzano un'unghia, finiscono in una bara. Non è più sopportabile».

Questa è la quotidianità per chi ha scelto di spendere la propria vita per il solo onore di indossare una divisa e di garantire la sicurezza degli altri. Solo la politica sembra non accorgersene. «La nostra vita non vale un minimo di impegno per trovare la voglia e la forza di intervenire seriamente perché lo Stato sappia esattamente cosa vuole da noi e come lo vuole. Non ci sono morti che bastino continua Mazzetti -. Aggredire un operatore della sicurezza è un reato gravissimo e come tale deve essere trattato. È inaccettabile mandare a casa chi attenta alla nostra incolumità, all'integrità delle istituzioni, all'autorevolezza dello Stato. Un'autorevolezza a cui nessuno così potrà credere».

Infine, il segretario generale nazionale della Consap, Cesario Bortone, aggiunge: «La politica si ricorda di noi solo in queste circostanze, dopo qualche giorno si dimenticherà dei poliziotti e della sicurezza trattandoli come una spesa da tagliare per fare cassa».

Commenti