Cronache

Aiuto, il ghiacciolo ora è gourmet. Ridateci menta, amarena e anice

Da refrigerio basico e "low cost" a sorbetto "foodie" con lo stecco

Aiuto, il ghiacciolo ora è gourmet. Ridateci menta, amarena e anice

Aridatece il ghiacciolo. Quello che costa meno di un euro. Quello nella busta bianca trasparente. Quello che è l'oasi più a portata di mano quando il caldo ti saharizza la vita. Quello dai colori artificiali, carichi come il disegno di un moccioso di sette anni: l'arancia arancione, l'amarena rosso scuro, il limone bianco, la coca marrone, l'anice di un elegante azzurro che non esiste in natura, la menta di un verde talmente iconico da rischiare di finire nel catalogo Pantone. Colori creati per far immaginare al consumatore che dentro ci fossero davvero l'arancia, il limone, la menta. Ma era una barzelletta. Quella roba nessun ghiacciolo serio si è mai permesso di vederla nemmeno con il binocolo. Un ghiacciolo serio fra croc e non pof; è fatto di acqua, sciroppi, aromi artificiali. Il tutto onorevolmente e industrialmente prodotto. Senza disciplinari, senza mene foodie, senza chilometri zero.

Oggi invece vai al bar a cercare il refrigerio di un umile stecco con acqua colorata e ti ritrovi certi frigoriferi fighetti sistemati come agguati mercantili sempre in posizioni strategiche avvolti in nobile carta e colmi di finti-veri ghiaccioli. Nel senso che contengono davvero pezzi di frutta o erbe - e quindi sono veri - ma proprio per questo del ghiacciolo non hanno nulla - e quindi sono finti. O meglio, si chiamano sorbetti. E poi costano 2,50, anche 3 euro, accidentaccio.

Ma quando esattamente il ghiacciolo è diventato questa cosa qui? Chi è stato il primo a infettare il dolce estivo più economico che esista con il morbo della gourmetteria? Non potevate lasciarci almeno questo, il piacere di colorarci la lingua del giallo di un cedro virtuale?

Il ghiacciolo artigianale, poi, è un vero controsenso. Un po' come la plastica naturale. Fu inventato infatti già posticcio. Fu un ragazzino americano, vuole la leggenda, a escogitarlo, o meglio a trovarselo per caso già servito. Ma lui fu bravo a rendersi conto di quello che gli passava davanti (questo è il genio, invero). Il bimbo si chiamava Frank Epperson, aveva undici anni e viveva a Oakland, vicino a San Francisco. Una sera dimenticò sul balcone un bicchiere di acqua e soda, con dentro uno stecco che gli era servito a girare la mistura. Il freddo gelò il bicchiere e il suo contenuto e la mattina dopo Frank - che evidentemente non aveva niente di meglio da fare - liberò il blocco di ghiaccio dal bicchiere e decise di assaggiarlo. Era buono. Cioè, era un ghiacciolo. Qualche anno dopo un Epperton cresciuto decise di brevettare la sua idea e di chiamarlo «popsicle» e di proporlo per un consumo estivo. Il prodotto ebbe successo e arrivò in Italia nel secondo dopoguerra, dove fu chiamato in modo casareccio «ghiacciolo».

Il ghiacciolo da quel momento ha alternato momenti di gloria e di declino. Per esempio negli anni Settanta andava che era un piacere, ce ne ricordiamo anche uno improbabile a strisce orizzontali multigusto, un arcobaleno ghiacciato che alla fine non sapeva di nulla ma vuoi mettere il piacere? Poi ci sono stati il Freddolone, il Polaretto da ghiacciare in casa, il nostalgico (e già un po' radical chic) Dadaumpa. Eravamo già in fase di revisionismo ghiacciolaio.

E ora eccoci qua. Il ghiacciolo resta un prodotto che si può fare facilmente in casa, ma diciamoci la verità: chi ha voglia di districarsi tra sciroppi e stampi fattapposta quando si può facilmente acquistare con poche decine di centesimi allo stabilimento balneare o nel bar di quartiere, magari pescandolo personalmente dal freezer a pozzetto? Perché questo è il suo bello: è l'entry level del gelato senza esserlo. Poche calorie, poche monete che possono essere racimolate anche da un bambino, un gusto basico, sensi di colpa zero, anzi sottozero.

Poi la gourmettizzazione è arrivata inesorabile. Del ghiacciolo si è accorta ogni gelateria come si deve, da quelle diffuse in tutta Italia come Grom (che vende i suoi finti-veri ghiaccioli in centinaia di bar di tutta Italia) alle insegne locali che lo propongono «sorbettato» in grandi frigoriferi, con tutti gli stecchi ordinati come soldatini alla frutta. Uno spettacolo insopportabile. Già è stato duro accettare il Liuk e il Fiordifragola..

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