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Alfano è stanco degli sfottò Rai e chiede la testa di Campo Dall'Orto

Il leader di Ap: «È stata la scelta peggiore di Renzi». E attacca pure sui voucher

Alfano è stanco degli sfottò Rai e chiede la testa di Campo Dall'Orto

Roberto Scafuri

Roma Angelino Alfano alza la voce, punta i piedi, cambia canale Rai, dà l'altolà a Gentiloni. Più che editto bulgaro, si potrebbe dire kazako.

Un cambio di rotta determinato da più fattori, di sicuro, e non soltanto dal nervosismo per il riaccendersi strisciante del «caso Shalabayeva». Il maggiore alleato di Renzi sta cercando di guidare la truppa, con le rinnovate vestigia di Alternativa popolare, fino all'agognato approdo della prossima legislatura. Occorre visibilità e piglio deciso. Ecco così il mite Angelino trasformarsi nel temibile Alfanik che muta verso cominciando con il chiedere, fra il lusco e il brusco, le dimissioni del dg Rai, Campo Dell'Orto: «la peggio riuscita tra le tante scelte di Renzi».

Ieri Alfano alla conferenza stampa indetta per distinguersi sulla questione voucher (presto un emendamento di Ap chiederà di prorogarne la vendita fino al 15 maggio), il leader di Ap è diventato una furia appena ha sentito parlar di Rai. «A questa Rai manca una visione - ha esordito -, è un servizio di cui non andiamo orgogliosi. Quella di Campo Dall'Orto è una gestione che ha fallito tutti gli obbiettivi alla base delle indicazioni... Una gestione del tutto fallimentare di cui il diretto interessato dovrebbe prendere atto. Ma mi sembra che abbia la testa dura. Il mio è un giudizio positivo, da contribuente che paga per vedere scene che non sono da servizio pubblico...». Presto detto anche le scene che non sono andate giù ad Alfano. In particolare una: quella dell'ex iena Enrico Lucci, ora in forza alla trasmissione Nemo in Rai, che ha inscenato un funerale davanti all'assemblea che doveva seppellire l'Ncd per farlo risorgere come Ap. «Non voglio entrare nel merito, ci sono troppe polemiche, dalla trasmissione di qualche giorno fa a quella che è stata chiusa...». Il leader centrista si riferiva a Parliamone sabato, ma il suo affondo è sembrato subito di taglio più vasto e variegato. Anche perché nel mirino è sembrato esserci proprio l'«alleato Pd», destinato, secondo Alfano, «a pagare il conto». Negativo il giudizio sulla gestione del referendum sui voucher, perché «se si fa incatenare mani e piedi da una certa sinistra che è indietro tutta, noi non ci stiamo... Meglio chiarirla subito con il Pd che portarselo alle lunghe», ha aggiunto il ministro degli Esteri. Giustamente preoccupato di distinguere - ora - il proprio destino da quello di un governo destinato all'impopolarità e di un partito che i sondaggi danno in caduta libera.

E all'Alfano che deve andare a caccia di voti, di cadere dalla poltrona, proprio non va.

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