Cronache

Alitalia, la protesta fa cancellare sei voli su dieci

Il caos della compagnia pagato dai passeggeri. Domani riparte la trattativa per salvarla

Alitalia, la protesta fa cancellare sei voli su dieci

Mercoledì pomeriggio. Fiumicino è praticamente vuoto, e questo fa capire quale sia il peso di Alitalia sullo scalo. Il corridoione del molo B, che tutti i giorni è un'affollatissima arteria pedonale, appare desolato, negozi vuoti, bar vuoti, tramezzini a rinsecchire, con i petulanti ragazzi delle offerte che non hanno nessuno da fermare. Lo sciopero dell'Alitalia si vede, eccome. Perché la compagnia ha provveduto a contattare uno per uno i titolari delle 24mila prenotazioni dei 392 voli cancellati (comprendenti la serata di martedì e la mattina di giovedì, coinvolte nei disagi) che quindi si sono organizzati diversamente, senza venire inutilmente in aeroporto. Il 92 per cento dei passeggeri sono stati protetti su voli alternativi, il 58 per cento lo stesso giorno. I disagi hanno riguardato anche compagnie come Air France e Klm, che si servono dei servizi di terra Alitalia, mentre altre compagnie, a cominciare dalle low cost Ryanair e Vueling hanno avuto operatività normale essendo servite da diversi operatori di handling. Nelle fasce di garanzia dalle 7 alle 10, dalle 18 alle 21 i voli sono stati regolari.

I maggiori disagi li ha subiti chi a Fiumicino doveva fare scalo per proseguire. Molti stranieri sono stati colti di sorpresa: chi è arrivato con voli intercontinentali già di per sé faticosi, anche da Cina o Australia, dovendo proseguire per Milano, per Venezia o per altre città italiane, si è trovato a dover aspettare molte ore in aeroporto. Se straniero, senza nemmeno capire il perché.

Difficile, infatti, riuscire a spiegare che lo sciopero è stato indetto per rafforzare i lavoratori nei confronti di governo e azienda prima dell'avvio di una trattativa «a oltranza» su licenziamenti e costo del lavoro che si dovrà chiudere il 13. Difficile spiegare a un viaggiatore non italiano che per la terza volta la nostra compagnia rischia la sopravvivenza e che in questi giorni ci si gioca tutto, compreso il destino di oltre 12mila famiglie «che a Pasqua potrebbero essere per strada a protestare», avverte un sindacalista.

Domani mattina azienda e rappresentanze dei lavoratori sono stati convocati al ministero dello Sviluppo economico; e già qui va notato che la riunione si terrà 24 ore dopo quanto era stato previsto. Lo slittamento non è di buon auspicio. Il confronto si annuncia infuocato e lo sciopero di ieri ne è solo un'avvisaglia: «Non è una trattativa se ci dicono che per il 13 dobbiamo aver firmato», si sottolinea dal fronte sindacale. «Ci chiedono 150 milioni di tagli alle retribuzioni e 2037 esuberi entro data certa: questo non si chiama trattativa, si chiama aut aut». «Non siamo noi i responsabili dei due anni di gestione che ci hanno portato a questo punto, non ci si possono scaricare responsabilità non nostre. E poi continua il sindacalista, che chiede di non essere citato le trattative si fanno a oltranza quando si è vicini a un accordo, non come in questo caso in cui siamo agli antipodi».

Questa fase, forse l'ultima, del confronto non parte bene e dopo lo sciopero di ieri («adesione totale», viene sottolineato trionfalmente) non se ne escludono altri. Come non si esclude la possibilità di un commissariamento. Sull'altro fonte continuano febbrili gli incontri tra gli azionisti italiani. Riunioni in teleconferenza, a distanza, anche alle due di notte.

Tutto un film già visto. Alitalia è una storia che continua a ripetersi: ma fino a quando?

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