Cronache

Almaviva perde la causa e riassume tutti

Illegittimi 153 licenziamenti. L'azienda dovrà pagare arretrati e interessi

Almaviva perde la causa e riassume tutti

Roma Era dicembre dell'anno scorso. La vertenza Almaviva, a Roma, virava sul disastro. Dopo la mancata firma dei delegati Rsu di Roma in calce alla proposta di mediazione, il referendum e il relativo sì non stoppano la fine della trattativa, con l'azienda che decide di chiudere la sede capitolina e mandare a casa 1.666 persone. Da allora non sono finite le fibrillazioni per le altre sedi dell'azienda, dalla Sicilia a Napoli e a Milano, e nemmeno le polemiche per i lavoratori rimasti a casa. Ma ieri un ordinanza del giudice del lavoro di Roma ha accolto il ricorso di un gruppo di «licenziati», definendo illegittima la decisione di Almaviva, e condannando la società attiva nei call center a reintegrare gli stessi lavoratori, che sono 153, e anche a risarcirli. Almaviva dovrà dunque concedere ai reintegrati un'indennita pari agli stipendi non erogati dal giorno del licenziamento, arrotondati agli interessi.

La decisione del giudice capitolino oltre a cambiare la sorte dei 153 ricorrenti potrebbe ovviamente rappresentare un precedente significativo per i tanti altri ex dipendenti di Almaviva che avevano fatto ricorso, man mano che le cause arrivano a sentenza. Almaviva, però, in una nota difende le proprie scelte, ricordando proprio che il maxilicenzialmento dello scorso anno ha seguito una procedura «attuata nel pieno rispetto delle regole previste dalla legge». E per dimostrarlo cita proprio l'esito di altre cause di lavoro contro i licenzialmenti, che a «stragrande maggioranza» avrebbero dato ragione all'azienda dei call center. In particolare, secondo Almaviva, su dieci pronunce, ben «nove magistrati del lavoro attraverso 22 ordinanze hanno dichiarato pienamente legittima la condotta aziendale, riconoscendo come i licenziamenti siano stati attuati rispettando in pieno tutte le garanzie procedurali e sostanziali previste dalla legge di riferimento». Dunque anche il licenziamento in tronco dei 1666 romani avrebbe rappresentato solo «una reale ed effettiva necessità dell'azienda e, come tale, pienamente legittima».

Insomma, se da una parte con la sentenza di ieri per i lavoratori si riapre la speranza di un cambio di rotta, per l'azienda «sarebbe fuorviante dare amplificato rilievo a una decisione di segno diverso».

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