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Alta tensione sull'Italicum: asse ex M5S e anti-renziani

Tra un'obiezione e l'altra la discussione va avanti fino a sera, poi il voto slitta a oggi. Il Patto del Nazareno si cementa sull'emendamento Esposito, ma Pd e Fi perdono pezzi

Alta tensione sull'Italicum: asse ex M5S e anti-renziani

La giornata del redde rationem sull'Italicum si risolve in una lunghissima melina procedurale, animata dai mille cavilli del solito Roberto Calderoli, che tra un'obiezione e l'altra riesce a tirare in lungo fino a sera senza che l'Aula possa arrivare al voto clou, quello su cui si misurerà la forza del Patto del Nazareno.

La conta sul maximendamento escogitato dal Pd Stefano Esposito, quello che riassume tutti i punti cardine dell'Italicum (premio alla lista, soglia per il ballottaggio, quorum per le liste, capilista bloccati e preferenze) e che consentirà a Matteo Renzi di incassare la nuova legge elettorale aggirando le decine di migliaia di emendamenti presentati dalle opposizioni e dalla fronda Pd, slitterà a oggi. Ma ieri sera, a Palazzo Madama, si respirava una certa sicurezza nelle file renziane: «Il patto regge, Berlusconi ci ha assicurato che da Forza Italia arriveranno i voti necessari», spiegava ai suoi il premier. E la fronda interna al Pd, dopo tanto clangore di armi, si sfrangiava perdendo pezzi di ora in ora, nonostante il soccorso annunciato dai senatori ex Cinque Stelle, che in 12 hanno annunciato ieri di voler votare l'emendamento Gotor pro-preferenze e di voler formare un nuovo gruppo autonomo, facendo sponda con la fronda Pd.

«Una legge elettorale votata in blocco attraverso un maxiemendamento non si era mai vista», si indigna il dissidente Vannino Chiti. «Vi toccherà ribattezzare l'Italicum e chiamarlo Espositellum», scherzava il senatore eponimo coi colleghi.

Da Palazzo Chigi, a sera, Renzi cantava già vittoria: «L'Italia ha già rallentato troppo e nei campi sbagliati. Dobbiamo accelerare, con buona pace di quelli che vorrebbero fare i frenatori: noi andiamo avanti». Il premier difende i punti forti dell'Italicum: «La sera delle elezioni avremo un vincitore. Mandiamo in soffitta le liste bloccate e più della metà dei parlamentari saranno eletti con le preferenze, il resto con i collegi. Non subiremo più i poteri di veto dei piccoli partiti e il governo durerà cinque anni». Nel pomeriggio, all'assemblea coi suoi senatori a Palazzo Madama, aveva mandato una frecciatina al suo predecessore alla guida del Pd: «Se ci fosse stato l'Italicum, oggi Pier Luigi Bersani sarebbe a Palazzo Chigi, e ci starebbe per i prossimi cinque anni».

La tensione, nel Pd e in Forza Italia, resta però alta e si proietta sul prossimo appuntamento, quello del voto per il Colle: «Questa prova di forza, che ha voluto a ogni costo, Renzi probabilmente la vince. Ma si lascerà dietro uno strascico di rancori e umiliazioni tali che la partita del Quirinale diventerà una corrida», prevede Augusto Minzolini, acceso oppositore del Patto del Nazareno in casa berlusconiana. In casa Pd i pasdaran della minoranza alzano il tiro contro l'Italicum e contro il premier: «Stiamo ponendo un punto che non è un capriccio della minoranza del Pd per mettere il bastone fra le ruote: con l'Italicum e con il nuovo Senato siamo in una situazione peggiore del Porcellum», tuona Stefano Fassina. Ma il premier tira dritto: «Ogni volta è la stessa storia: tentano di fermarmi sperando che il nostro governo possa vivacchiare e tirare per le lunghe. Ma non è per questo che siamo al governo, siamo qui per cambiare questo Paese, dalle riforme alle banche», assicura.

E per cambiare anche il Pd, aggiunge: «Il Pd sta mutando pelle: chi lo avrebbe detto, solo qualche mese fa, che alla fine è stato un emendamento di un giovane turco, un combattente come Stefano Esposito, uno che aveva votato per Gianni Cuperlo contro di me, a fare la differenza sull'Italicum?».

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