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Altolà alla Cina sul 5G in Italia: "Per noi sono una minaccia"

Altolà alla Cina sul 5G in Italia: "Per noi sono una minaccia"

Niente made in China per il 5G italiano. A sconsigliare l'uso di tecnologie del colosso orientale nella creazione delle infrastrutture italiane per la telecomunicazione è il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica che, nella relazione sulle politiche e gli strumenti per la protezione cibernetica e la sicurezza informatica, a tutela dei cittadini, delle istituzioni, delle infrastrutture critiche e delle imprese di interesse strategico nazionale, afferma di «ritenere in gran parte fondate le preoccupazioni circa l'ingresso delle aziende cinesi nelle attività di installazione, configurazione e mantenimento delle infrastrutture delle reti 5G».

Nel documento firmato dal Copasir, del quale è relatore il deputato azzurro Elio Vito, non solo si considera «necessario un innalzamento degli standard di sicurezza idonei per accedere alla implementazione di tali infrastrutture», ma si caldeggia anche di «valutare l'ipotesi, ove necessario per tutelare la sicurezza nazionale, di escludere le predette aziende dalla attività di fornitura di tecnologia per le reti 5G». Il Copasir sa bene che oggi le aziende cinesi, in primis Huawei e Zte, sono all'avanguardia nelle tecnologie per la realizzazione della rete mobile ultraveloce, ma avverte che, «contrariamente a quanto avviene per le imprese occidentali, le aziende cinesi, pur formalmente indipendenti dal potere governativo, sono tuttavia indirettamente collegate alle istituzioni del loro Paese, anche in virtù di alcune norme della legislazione interna».

Il rischio per la sicurezza interna, insomma, è palese. Tanto che il Comitato insiste sull'opportunità di escludere queste aziende in quanto collegate, pur se indirettamente, alle «istituzioni del loro Paese». Una posizione piuttosto dura, che ha visto l'immediata reazione del colosso cinese delle telecomunicazioni. Il presidente di Huawei Italia, Luigi De Vecchis, ascoltato in audizione, ha smentito che in Cina esista «una normativa interna che autorizzi entità, agenzie o strutture del Governo a indurre i produttori all'installazione di apparati software o hardware».

Ma secondo quanto riferito al Copasir dai responsabili della nostra intelligence, sarebbe invece provato che «in Cina gli organi dello Stato e le stesse strutture di intelligence possono fare pieno affidamento sulla collaborazione di cittadini e imprese, e ciò sulla base di specifiche disposizioni legislative» che obbligherebbero anche le società a «fornire supporto e assistenza alle autorità di pubblica sicurezza militari e alle agenzie di intelligence».

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