Politica

Altri due poliziotti suicidi: «È il peso della divisa»

Il dito puntato contro i poliziotti fa più vittime della pistola. Dall'inizio dell'anno sono 23 gli uomini delle forze dell'ordine, 14 dei quali agenti, ad essersi tolti la vita. Tre giorni fa è toccato a Tommaso Socci, 35 anni, del Reparto Mobile di Bologna, che ha premuto il grilletto puntando contro di sé l'arma d'ordinanza in una stanza d'albergo a Siracusa, dove era in servizio da poco, impegnato nei controlli sugli sbarchi degli immigrati. Poche ore più tardi si è ammazzato Massimo Costanzo, 52 anni di Gorizia, che ha fatto fuoco nella sua casa.

«Nella totale indifferenza dei nostri vertici, purtroppo, si allunga il numero delle vittime di questa strage silente - denuncia il segretario generale del Sap Gianni Tonelli -. Anni fa per attirare l'attenzione sul problema raccogliemmo le firme in tutte le piazze del paese ma nessuno, neanche la nostra amministrazione, ha cercato di arginare il fenomeno, tant'è che non abbiamo ancora un'assistenza psicologica adeguata o una normativa di riferimento come gli altri Paesi». Per il Sap alla base di queste morti non c'è soltanto il «mal di vivere», che investe ogni categoria e fascia della società. «Siamo certi che il disagio per la natura del nostro lavoro abbia un ruolo primario nel determinare queste tragedie - sottolinea il segretario -. Lo stress a cui siamo soggetti non ha una responsabilità secondaria, se ci sommiamo la persecuzione “poliziotto-fobica” operata dal Partito Antipolizia, che cerca di sminuire il nostro operato passando ogni gesto sotto la lente d'ingrandimento e dipingendoci come orchi». La realtà è diversa. «Si entra in polizia e si viene sbattuti sulla strada, a migliaia di chilometri dalle nostre famiglie, senza sostegno e senza essere supportati dai nostri vertici - prosegue il dirigente sindacale - se qualcuno ci accusa ingiustamente i primi a gettarci alle ortiche sono proprio loro, che non rischiano di sporcarsi le mani per difenderci. La gente ci ama, ma Governo, Parlamento e il nostro “palazzo” ci perseguitano con farneticanti progetti di legge sulla tortura o sugli alfanumerici, come fossimo bestie da usare all'occorrenza, ma da tenere in catena».

Solamente lo scorso anno nel Corpo sono stati 6000 gli agenti finiti in ospedale compiendo il proprio lavoro. «Quando qualche collega commette un errore è giusto che paghi ma è inaccettabile tollerare chi fa sciacallaggio sulla nostra pelle - tuona Tonelli - i capi devono sostenerci, non perseguitarci, perché è facile guadagnare centinaia di migliaia di euro e firmare trasferimenti punitivi per un like o per un avviso di garanzia destinato all'archiviazione». Semplice anche far bella figura tagliando gli organici, diminuendo i livelli di sicurezza, chiudendo gli uffici e comprimendo i diritti degli agenti. «Sono molte le fonti del nostro malessere - conclude il segretario Sap - chi non lo comprende è invitato a salire su una volante e fare la vita da poliziotto per una settimana.

Cambierà idea».

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