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Altri guai per Soumahoro. La sua famiglia alla sbarra

Il gip di Latina rinvia a giudizio moglie, suocera e cognati. L'accusa: frode, bancarotta e riciclaggio. Ma l'onorevole tace

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Nuovo tassello per la saga Soumahoro e ancora guai per i parenti dell'onorevole eletto nelle liste di Verdi e Sinistra. Marie Therese Mukamitsindo, Liliane Murekatete - rispettivamente suocera e compagna del deputato - e i cognati Michel Rukundo, Richard Mutangana e Aline Mutesi sono stati rinviati a giudizio nel corso dell'udienza preliminare tenutasi ieri mattina. Il giudice Giulia Paolini del Tribunale di Latina ha infatti accolto le richieste del pm Giuseppe Milano che contestava reati a vario titolo nell'ambito dell'inchiesta sulle cooperative Karibù e Aid, coinvolte nella gestione dei migranti.

Ad oggi, quindi, la famiglia Soumahoro resta ai domiciliari, misura applicata il 20 ottobre 2023, mentre il processo è fissato per il prossimo 11 giugno a Latina. I protagonisti sarebbero accusati di frodi in pubbliche forniture, bancarotta fraudolenta patrimoniale (per distrazione) e autoriciclaggio. Al centro dell'inchiesta i fondi pubblici ottenuti per l'accoglienza dei migranti che sarebbero stati distratti per altri fini. Un totale di quasi 2 milioni di euro era stato già sequestrato mesi fa dal gip di Latina. La Guardia di Finanza, nel corso delle indagini, avrebbe ricostruito «disposizioni bancarie prive di congrua giustificazione causale e comunque per finalità diverse da quelle alle quali era preposta la Karibu».

Indimenticabile, infatti, la lunga lista di acquisti di lusso da parte delle due reginette dei migranti con le carte intestate alla cooperativa: dai grandi hotel a 500 euro a notte, al lusso sfrenato con acquisti da poco meno di 2000 mila euro da Ferragamo. Ed è proprio su questi acquisti che i giudici di Latina contestano operazioni contabili irregolari al fine di evadere le tasse anche con false fatture. I fondi inoltre venivano anche spediti all'estero «probabilmente per giustificare ipotetici progetti fuori dall'Italia, non previsti dalle convenzioni». Si parla di poco meno di 473mila euro. «Spregiudicato sistema fraudolento»: così il giudice, nell'ordinanza dello scorso ottobre, aveva definito le operazioni di Lady Soumahoro&Co. Ma anche «Struttura delinquenziale organizzata a livello familiare che negli anni non ha fatto niente rispetto all'attività criminale». Finanziamenti milionari ottenuti per anni, poi l'inizio dell'inchiesta nel 2017 - che non ha però fermato il fiume di denaro - fino al commissariamento delle due coop a fine 2022. Un puzzle, quello della famiglia dell'onorevole, che coinvolgeva anche tutti i rami della Karibu e del consorzio Aid che aveva satelliti anche nei paesi vicini a Latina dove le amministrazioni finanziavano in nome dell'accoglienza. Per questo nell'udienza di ieri si sono costituiti parte civile i comuni di Sezze, Terracina, Roccasecca dei Volsci, Latina, Pontinia, Aprilia, Monte San Biagio e Fondi. Ammessi anche il Codacons, il Ministero dell'Interno, attraverso l'Avvocatura dello Stato, il Consorzio Agenzia Inclusione dei Diritti, il commissario liquidatore della Karibu e il sindacato Uiltucs con i diciannove lavoratori ed ex dipendenti della coop Karibu e del consorzio Aid. Quei lavoratori che ancora aspettano di essere retribuiti e che, per anni, hanno visto e raccontato le condizioni in cui la compagna e la suocera di Soumahoro facevano vivere i migranti arrivati sul territorio, soprattutto bambini.

Dichiarazioni confermate anche dai documenti, nei quali si legge: «alloggi fatiscenti», «condizioni igieniche carenti» e «insufficienza di cibo».

Da parte dell'onorevole Soumahoro il solito silenzio sui fatti salvo il commento sui social: «Continuiamo la lotta per l'uguaglianza».

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