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Altro che passo indietro: Renzi fa il pieno di nomine

Con Orfini impone i vertici di Poste ed ex Finmeccanica Gentiloni e Calenda sono i grandi sconfitti della partita

Altro che passo indietro: Renzi fa il pieno di nomine

Paolo Gentiloni non tocca palla. La partita delle nomine ai vertici delle società partecipate si chiude con un vincitore: Matteo Renzi. Il presidente del Consiglio, il ministro allo Sviluppo economico Carlo Calenda e gli alleati di governo ne escono sconfitti. L'ex premier impone la propria linea nella scelta dei manager di Stato. L'impianto renziano è confermato. L'autonomia di Palazzo Chigi un po' meno. Il potere del giglio magico, all'indomani del rinnovo dei cda delle aziende controllate dal ministero del Tesoro, è rafforzato. E il rottamatore fiorentino più che un leader al tramonto appare come un politico di razza capace di lottizzare i posti chiave dello Stato italiano. Il renzismo non è morto, almeno per quanto concerne poltrone e incarichi. Fallisce il tentativo di Gentiloni, sostenuto da Calenda, di ridimensionare il peso dei toscani nelle stanze del potere. L'asse tra Renzi e Orfini regge anche nel puzzle delle nomine: al vertice di Leonardo, la vecchia Finmeccanica, arriva Alessandro Profumo per sostituire Mauro Moretti per la poltrona di amministratore delegato. Sul nome del banchiere c'è il placet di Matteo Orfini: il presidente del Partito democratico e Profumo si conoscono dai tempi della Fondazione ItalianiEuropei di Massimo D'Alema.

Ma il colpo di coda Renzi lo mette a segno ai vertici di Poste italiane: Marco Del Fante e Bianca Maria Farina sostituiranno Francesco Caio e Luisa Todini nei ruoli di amministratore delegato e presidente. Nomi dal pedigree renziano: Del Fante, fiorentino come l'ex premier, è stato direttore generale della Cassa depositi e Prestiti e amministratore delegato di Terna, ma soprattutto vanta un legame di amicizia con Marco Carrai e con il finanziatore renziano Davide Serra. I nomi di Del Fante e Profumo non sono passati inosservati.

«Nomine che presentano luci e ombre», dice il presidente della commissione Attività produttive della Camera Guglielmo Epifani, del gruppo Articolo 1 - Movimento democratico e progressista. «Giusto confermare i vertici di aziende che hanno fatto bene in questi anni e che oggi presentano buoni risultati di bilancio e di strategia - prosegue Epifani- Per lo stesso motivo è incomprensibile la sostituzione di Francesco Caio al vertice delle Poste. Interrogativi pone a sua volta la scelta del governo per Leonardo-Finmeccanica, dove c'era bisogno di maggiore continuità dopo tutti i cambiamenti degli ultimi anni e una competenza industriale e tecnologica che Alessandro Profumo ottimo manager e banchiere, probabilmente non possiede». Mentre Stefano Fassina di Sinistra italiana chiede al ministro Padoan di riferire in Parlamento.

Renzi vince dunque il braccio di ferro con Calenda che spingeva per un cambio ai vertici di Enel, Eni ed Enav. Alla guida della società elettrica il leader del Pd ottiene le riconferme di Patrizia Grieco e Francesco Starace, mentre a Eni restano Emma Marcegaglia e Claudio Descalzi. A Enav il Tesoro indica Roberta Neri, che è l'attuale ad, e Roberto Scaramella come presidente.

Ma come si diceva, il giro di nomine segna un brusco risveglio anche per Gentiloni che sperava far sentire il peso di Palazzo Chigi. E soprattutto ha provato a piazzare una sua fedelissima, Elisabetta Belloni, alla presidenza di Leonardo dove è stato confermato Gianni De Gennaro. Il riassetto della governance delle società partecipate riconsegnano il potere nelle mani di Renzi.

Con buona pace di Gentiloni e degli alleati.

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