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Altro che trasparenza a Montecitorio Spunta il «vietato l'accesso ai giornalisti»

Per evitare gaffe, la maggioranza vuol tenere la stampa lontana dai deputati

Altro che trasparenza a Montecitorio Spunta il «vietato l'accesso ai giornalisti»

Dovevano aprire il Parlamento «come una scatola di tonno». Invece, cinque anni dopo il roboante annuncio di Beppe Grillo, la cosiddetta «legislatura del cambiamento» si sta caratterizzando per un'inattesa e sorprendente blindatura del Parlamento e di tutti i suoi spazi. Alla faccia della tanto sbandierata trasparenza, infatti, a quasi quattro mesi dall'insediamento delle nuove Camere sono stati diversi e reiterati gli episodi in cui i giornalisti iscritti e non all'Associazione stampa parlamentari sono stati allontanati da spazi che fino ad oggi erano sempre stati accessibili a tutti senza alcun problema.

La questione, va detto, ha riguardato quasi esclusivamente la Camera, dove in diverse occasioni si è arrivati a «blindare» corridoi o interi piani per renderli accessibili solo ai deputati. Il «vento del cambiamento» è iniziato a spirare quando M5s e Lega hanno chiuso l'intesa per dar vita al governo. In quell'occasione, infatti, i commessi hanno tolto il divano davanti all'ingresso dei gruppi parlamentari grillini e del Carroccio così da rendere più disagevole la sosta dei cronisti. Di lì a invitare i giornalisti ad allontanarsi il passo è stato breve. Gli episodi si sono ripetuti nel corso di questi mesi, con l'accesso impedito persino nelle sale in cui venivano organizzati convegni di interesse pubblico da fondazioni esterne alla Camera. Fino al giorno delle consultazioni dell'allora premier incaricato Giuseppe Conte, con Montecitorio di fatto off limits in moltissimi spazi. Al punto che si sono create situazioni ai limiti del farsesco, con i commessi che presi dalla furia del buttafuori sono arrivati a rimbalzare perfino alcuni ignari neoeletti della Lega. L'ultimo atto lo scorso 21 giugno, quando alla Camera sono stati eletti i nuovi presidenti di Commissione. Inaspettatamente e con una decisione senza precedenti, infatti, i cronisti sono stati cacciati in nome di una presunta direttiva interna risalente al 2015 e mai applicata prima. Insomma, dalla democrazia dello streaming a quella della casta. Visto che l'intento pare essere proprio quello di non disturbare il manovratore.

Il presidente della Camera Roberto Fico è stato in verità tempestivo nel prendere le difese dei giornalisti impegnandosi a rendere il più possibile «trasparente» e «accessibili alla stampa» gli spazi della Camera. E per fortuna da allora di «incidenti» non se ne sono più verificati. Colpisce, però, che proprio chi teorizza la democrazia diretta abbia favorito una chiusura che è senza precedenti. Già, perché secondo i maliziosi l'irrigidimento sarebbe la conseguenza di una precisa richiesta degli uffici comunicazione del M5s e della Lega (che sono i due gruppi parlamentari più numerosi). Preoccupati da una corposa pattuglia di neodeputati alcuni dei quali diventati presidenti o vicepresidenti di Commissione non solo li avrebbero catechizzati a non lasciare alcun tipo di dichiarazione alla stampa, ma avrebbero pure chiesto ai commessi di tenere la stampa il più possibile alla larga così da evitare scivoloni.

Il nuovo corso della Terza Repubblica.

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