Cronaca internazionale

"Amina torturata in cella". Indagati gli agenti kazaki

Inchiesta della Procura speciale. Il legale: "Botte e maltrattamenti, ha subito tentativi di violenze"

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Sarebbero indagati per tortura gli agenti di polizia kazaki accusati di maltrattamenti nei confronti della 18enne italiana Amina Milo Kalelkyzy, detenuta ad Astana da più di tre mesi. La Procura speciale della capitale ha aperto un'inchiesta dopo i ripetuti appelli della madre della giovane, che ha acceso un fascio di luce sulla vicenda. Secondo quanto spiegato ai media dal legale di Amina, Alibek Sekerov, gli episodi di maltrattamenti risalirebbero ai giorni in cui la ragazza è stata trattenuta dagli stessi poliziotti contro la sua volontà in una casa segreta: lì sarebbe stata «maltrattata e picchiata», e avrebbe «subito dei tentativi di stupro». L'avvocato della ragazza ha aggiunto che «ci sarà un altro confronto in Procura con uno degli agenti indagati e con altri testimoni».

La 18enne residente a Lequile, in Salento, si era recata lo scorso luglio in Kazakistan con sua madre Assemgul Sapenova, naturalizzata italiana, per visitare alcuni parenti ed una sera era stata fermata ad Astana dalla polizia mentre si trovava in compagnia di un coetaneo locale che aveva con sé della droga. Secondo l'avvocato di Amina la ragazza «non sapeva che il ragazzo avesse degli stupefacenti», circostanza confermata anche dagli esami tossicologici che non hanno rilevato alcuna sostanza nel sangue della giovane. Per questa ragione sua madre e il suo avvocato continuano a parlare di una detenzione perpetrata dalle autorità locali «senza alcun motivo».

Amina dopo il fermo è stata arrestata e sarebbe stata segregata in un appartamento per più di due settimane, legata ad una sedia, senza acqua né cibo, sostengono i suoi familiari. Dopo un tentativo di estorsione da 60mila euro denunciato dalla madre, l'intervento delle autorità italiane, tramite l'ambasciata ad Astana, ne ha favorito il rilascio. Ma in seguito la ragazza è stata nuovamente arrestata con l'accusa di traffico internazionale di stupefacenti, dal momento che avrebbe firmato, senza conoscere la lingua, una sorta di ammissione di colpevolezza, sempre secondo il racconto di sua madre. Da quel momento Amina ha chiesto più volte la concesione degli arresti domiciliari, che le sono sempre stati negati perché la polizia locale teme che vi possa essere il pericolo di fuga. In questi 90 giorni ha perso quasi dieci chili e ha tentato due volte il suicidio, per questa ragione sua madre sta provando a richiamare l'attenzione internazionale sul caso.

«Ho paura per lei e per me continua a dire sua madre - sto lottando contro tutti. Qui le leggi sono diverse. Se mi succedesse qualcosa, chi l'aiuterà?».

Amina rischia una pena fino a 15 anni di carcere.

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