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Anas, indagati zitti. Difesa: scelta obbligata

I funzionari pubblici si rifiutano di rispondere ai pm. Gli avvocati: "Non c'è presunzione di innocenza"

Anas, indagati zitti. Difesa: scelta obbligata

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Si sono avvalsi quasi tutti della facoltà di non rispondere davanti al Gip gli indagati dalla Procura di Roma sulle commesse dell'Anas. Ieri era la giornata degli interrogatori di garanzia, dopo la sfilza di arresti domiciliari che alla vigilia di Capodanno hanno colpito tra gli altri Tommaso Verdini, figlio dell'ex senatore Denis, anche lui indagato. Sono accusati a vario titolo di corruzione, traffico di influenze illecite, turbativa d'asta. Verdini jr non è andato fisicamente a piazzale Clodio e ha trasmesso la sua volontà di avvalersi attraverso una comunicazione.

Al centro dell'inchiesta un presunto «schema corruttivo» attraverso cui alcuni imprenditori si sarebbero aggiudicati appalti dell'Anas grazie alla «corsia preferenziale» che i Verdini, col loro socio Fabio Pileri, avrebbero avuto nella società pubblica. Per i pm gli imprenditori avrebbero pagato consulenze «fittizie» alla società di lobbying di Verdini jr e Pileri, la Inver srl, finalizzate a ottenere le commesse grazie alle entrature in Anas. Hanno scelto il silenzio anche i funzionari pubblici indagati - Paolo Veneri e Luca Cedrone, della Direzione Appalti e Acquisti di Anas - che per l'accusa avrebbero asservito le loro funzioni agli interessi del gruppo di Verdini fornendo informazioni riservate sulle gare. In cambio i dirigenti avrebbero ottenuto riconferme e promozioni di carriera. Anche Pileri, il socio di Verdini jr nella Inver, ha scelto di non rispondere al giudice. «Una scelta obbligata - dice l'avvocato Alessandro De Federicis - Questa indagine è durata due anni, il giudice ha impiegato 5 mesi per scrivere l'ordinanza. In questa inchiesta ci siamo dimenticati tutti della presunzione di innocenza e che i processi in Italia non si riescono più a fare a piede libero. Dopo due anni di indagini avevamo dato la disponibilità a chiarire, perché c'era stata una perquisizione nel luglio 2022. Ciò non è avvenuto e oggi ci troviamo con le misure cautelari che privano la libertà a persone che potrebbero essere innocenti. Una privazione della libertà sovradimensionata a nostro avviso».

L'unico ad aver risposto alle domande del gip è uno degli imprenditori, Antonio Veneziano: «L'interrogatorio è stato lungo e dettagliato, il mio cliente ha chiarito la sua posizione, che non c'è stato alcun intento corruttivo né è mai stato offerto denaro o alcunché», spiega l'avvocato Antonio Zecca, che ha fatto istanza di revoca della misura cautelare. La difesa di Veneziano è basata anche su una «cospicua produzione documentale», sulle consulenze alla Inver che i pm contestano essere «fittizie». E Giovanni Castronovo, che con Mario Antinucci difende l'imprenditore Angelo Ciccotto precisa: «Abbiamo eccepito l'inutilizzabilità di parte delle indagini preliminari, perché riteniamo fatta dai fuori dai tempi massimi in base alla normativa Cartabia».

Agli atti anche un'intercettazione in cui Verdini senior parlava così dell'inchiesta: «È tutta fuffa, è sempre la stessa storia: c'è qualcosa di politico che vogliono trovare e che non c'è, ma che vogliono trovare perché uno è Verdini e in testa c'è Salvini».

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