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Anche in Francia una donna alla Difesa: mezza Europa dipinge di rosa i suoi cannoni

Sylvie Goulard è la nuova ministra scelta da Macron, darà ordini ai generali

Anche in Francia una donna alla Difesa: mezza Europa dipinge di rosa i suoi cannoni

Com'è che si dice? La guerra è una cosa troppo seria per farla fare ai maschi. E infatti, con la nomina di Sylvie Goulard a ministre des Armes nel nuovo governo Macron, sono diventati sei - Francia, Germania, Italia, Spagna, Olanda e Norvegia - i Paesi europei di una certa importanza ad avere affidato la Difesa a una donna. D'accordo, i tempi di Maria Stuart la sanguinaria e di Caterina di Russia sono lontani, ma insomma, questa ventata di rosa tra missili e stellette fa sempre effetto.

Nessuna di loro, ricorda la Nota Diplomatica di James Hansen, ha una esperienza specifica nel settore. La Goulard, come l'olandese Jeanine Hennis-Plasschaert, è una ex deputata europea, Ursula von der Leyen, Germania, è laureata in medicina, la nostra Roberta Pinotti in letteratura.

La spagnola Maria Dolores de Cospedal è una diplomatica di carriera e la norvegese Ine Eriksen Soreide ha fatto la produttrice televisiva. Non sapranno sparare, però non fa niente, quello che conta è che sappiano «comandare». Come spiega l'agenzia Bloomberg, «le donne a capo delle macchine militari europee sono ministri di pace e non di guerra». E che fine ha fatto il vecchio stereotipo secondo il quale le cose militari sono roba da uomini? Nel mondo finora sono 40 gli Stati che hanno avuto una donna ai vertici della catena di comando bellico. «La femminilità- si legge in uno studio di Tiffany Barnes della University of Kentucky e Diana O'Brian della Indiana University - è spesso associata alla pace e, per i governi che cercano di dissociarsi da una storia di abusi del potere militare, una nomina rosa rappresenta una rottura, un segnale di cambiamento». Dunque, si dà per scontato che le donne siano per natura portatrici di pace. In realtà in passato non è stato così. O meglio, lo è stato quando in battaglia la forza fisica e la robustezza avevano la loro importanza. Tranne Giovanna d'Arco, le pulzelle che salivano a cavallo brandendo una spada erano una rarità. Ma altri due studiosi, Oendrila Dube della University of Chicago e S.P. Harris della canadese Mc Gill, in «Queens» hanno esaminato l'impatto delle regnanti sui conflitti europei tra il quindicesimo e il ventesimo secolo e hanno stabilito che «le entità politiche guidate da regine hanno avuto una maggiore probabilità di entrare in guerra rispetto a quelle governate da re».

E si scopre così che al gentil sesso piace molto menare le mani. Basti pensare a Bloody Mary, Maria Stuarda, detta prima la Cattolica e poi, dopo le sue gesta, Maria la Sanguinaria. E che dire di Caterina II zarina di tutte le Russie, Caterina la Grande? O, per restare dalle nostre parti, di Lucrezia Borgia? Ma pure in Estremo Oriente non scherzavano. Prendiamo l'imperatrice cinese Wu Zetian, 624-725, che non fu solo una consorte bensì l'unica, spietatissima, regnante della millenaria storia del Celeste Impero. Ferocissima, Wu è partita alla conquista del mondo con un gesto di disarmante crudeltà: uccise sua figlia, la strangolò con le proprie mani, e diede la colpa alla suocera, l'imperatrice madre che ostacolava le sue ambizioni. Tra le sue tante atrocità, raccontano gli storici, lo sterminio programmato e l'estinzione di quindici casate reali, tutte potenziali rivali, attraverso una campagna di esecuzioni e di suicidi obbligati. E siccome anche il male assoluto ha sempre una faccia migliore, il lungo regno di Wu Zetian viene comunque ricordato come un periodo sereno e prosperoso.

L'Imperatrice cattivissima avviò l'espansione cinese in Asia centrale, conquistò la Corea, favori il taoismo e il buddismo e alla sua morte lasciò una popolazione, indovinate un po', in pace.

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