Politica

Gli «angeli» contestano Grillo e lui getta fango su Renzi

Giornata nera per il leader dei Cinque Stelle. I volontari: «Spala con noi così puoi farti scattare la foto». E lui: «Chiedetelo al premier»

Renzi, più furbo, si è tenuto alla larga. Ma Beppe Grillo, reduce dalla performance del Circo Massimo, arriva a Genova, la sua Genova, e incappa nella contestazione. Il comico si materializza dalle parti del Museo di Storia naturale e qui un gruppo di angeli del fango lo accoglie senza troppi complimenti: «Vieni a spalare con noi». «Andate a far spalare Renzi - replica lui -. Noi siamo dalla stessa parte. Noi siamo tutti a spalare». Ma ai ragazzi il grande assente non interessa, il passaggio del cerino verso Palazzo Chigi fallisce. Lo scambio si accende e s'incattivisce: «Vieni qua, ti metti un po' di fango e ti fai le foto».

No, non è giornata per il leader del Movimento cinque stelle che si aggira per le strade devastate di Genova in sella ad un maxiscooter. «Sono solissimo - spiega ai cronisti - perché i nostri parlamentari sono già distribuiti in giro a spazzare. Spalano merda in parlamento, figurati se hanno problemi con il fango qua».

Insomma, questa volta Grillo deve ricorrere a tutta la sua abilità istrionica per non rimediare una figuraccia. Il mondo non è più quello che gli appariva dall'alto della gru su cui si era issato nel corso del comizio romano; no, la realtà è quella delle facce livide e stanche di chi ha perso tutto e va avanti da giorni a portare via la melma. E allora il capopopolo usa tutti i registri a sua disposizione. Si addossa teatralmente le colpe della sciagura improvvisando un piccolo assolo: «Che devo fare? Io ho mobilitato persone. Mi sono preso i “perchè non spali?”. Ci sto, se vi fa piacere prendetevela con la politica. Io sono la politica - e intanto si batte le mani sul petto - sfogatevi con me».

Lui però si sfoga con i cronisti e ricorre ad un altro classico del proprio repertorio. «Questo è l'iban per il soccorso a Genova. Mi dai duemila euro - spiega rivolgendosi delicatamente all'invito della Rai - la Rai li versa su quell'iban e mi fai l'intervista. Se no te ne vai a fare in c...». Se non è vaffaday, almeno che sia vaffaRai.

Per la verità è anche un po' vaffaGrillo. Grida di rabbia ed esasperazione qua e là. Lui tiene duro, ma non sfonda. «È la mia città, siete i miei concittadini», la butta sul patetico. Parlotta, ascolta i volontari, corre da una parte all'altra. Prima di ripartire un panettiere di piazza Savonarola gli regala un pezzo di focaccia. Meglio di uno sputo in faccia. Può bastare. Grillo se ne va salutato con un telegramma affilatissimo da Nichi Vendola: «Non è un grillo, è solo uno sciacallo». Lui è già lontano.

Intanto a Roma i grillini si mettono di traverso al parlamento e si chiudono nelle cabine al momento del voto per i due giudici della Consulta e per il membro laico del Csm. Risultato: rallentamento dei lavori. Con tanto di paradosso: in aula si dovrebbe discutere dello Sblocca Italia, dove in un capitolo si affronta anche l'emergenza alluvioni, ma si va avanti a fatica. Con i grillini post Circo Massimo, caricati a mille dal capo, che inaugurano una nuova forma di boicottaggio. Invece di scrivere i nomi dei loro candidati, rubano e spezzano le matite. «Povera Italia -scrive su Facebook la deputata Pd Giuditta Pini». «Tutto regolare», replica il vicepresidente pentastellato dell'assemblea Luigi Di Maio.

Schermaglie. E un clima non proprio adatto per valutare l'accorata riflessione del Quirinale su quel che è accaduto a Genova. «Alle spalle di questi fenomeni - afferma il capo dello Stato - dovuti anche a inerzie locali e a lungaggini burocratiche c'è pure l'incuria nei confronti del patrimonio boschivo e forestale». Sono i mali, endemici, d'Italia, ma a Grillo e ai grillini interessano di più la piazza e le piazzate. Il parlamento, nella vulgata del Circo Massimo, è un'anticaglia.

E dunque può attendere.

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