Cronache

In un anno 400 arresti in Italia Stiamo allevando i Salah in casa

Ieri in Cilento preso un algerino ricercato dal Belgio. Produceva documenti utilizzati dai terroristi. Casi in preoccupante aumento: siamo la base ideale?

In un anno 400 arresti in Italia Stiamo allevando i Salah in casa

Un algerino è stato arrestato ieri sera dagli uomini della Digos di Roma e dall'antiterrorismo a Bellizzi, Salerno: su di lui pendeva un mandato di arresto europeo emesso dalle autorità del Belgio. Secondo gli investigatori Djamal Eddine Ouali era implicato in una rete che produceva falsi documenti che sarebbero stati utilizzati anche da alcuni terroristi implicati nelle stragi di Parigi e Bruxelles.Per ora non c'è neanche un reduce che sia tornato dalla Siria in Italia e abbia imbracciato il mitra. Molte inchieste cominciano però a delineare una pericolosa saldatura fra i due livelli: la manovalanza locale imbottita di folli propositi sanguinari e il network del terrore internazionale, in grado di trasformare i proclami in guerra. Realtà terribile che tiene insieme Parigi e Bruxelles, le bombe e i morti, con la capitale del Califfato Rakka. Alcune recenti inchieste mostrano una sorta di connessione fra l'Italia e il Medio Oriente. Qualcosa del genere emerge l'estate scorsa quando a Brescia vengono arrestati un tunisino e un pachistano che pensano in grande: vogliono colpire la base militare superprotetta di Ghedi, dove ci sarebbero anche ordigni nucleari, ma si accorgono di non avere il know how necessario. La coppia scarica dal web un manuale in 12 capitoli per i foreign fighters, ma non basta e decide di partire per la Siria. Prima, per fortuna, scattano le manette. Il contatto fra la Lombardia e il Califfato viene provato invece dall'indagine del pm milanese Maurizio Romanelli, la prima ad alzare il velo sull'Isis in Italia: una donna, Maria Giulia Sergio, che è sparita con il secondo marito albanese dalla Lombardia per ricomparire sotto le bandiere nere dell'Isis. Le frasi intercettate sono agghiaccianti: «Non vedo l'ora di morire da martire». La Sergio parla con i genitori e con la sorella Marianna, tutti contagiati dal virus jihadista. I familiari della Sergio vorrebbero partire per la Siria, le manette li fermano alle porte di Milano. E però c'è un circuito, non si sa quanto collaudato, che potrebbe dare spessore alle velleità degli aspiranti guerriglieri. I blitz si susseguono e sono altrettante spine della nostra inquietudine. A novembre viene smantellata un'organizzazione che farebbe capo al Mullah Krekar e alla cella del carcere in cui è rinchiuso in Norvegia: 17 gli arresti. Difficile distinguere fra aspirazioni e fatti concreti. A dicembre viene scoperta una cellula attiva fra l'Italia e il Kosovo. «Questo papa sarà l'ultimo», è il loro biglietto da visita.È una corsa contro il tempo da una parte all'altra del Paese: la via verso la Siria viene sbarrata a Ravenna e in Friuli, ancora una volta con interventi tempestivi della magistratura. Ad oggi - ha spiegato il Ministro dell'interno Angelino Alfano - 396 persone sono state arrestate dal 1 gennaio 2015 alla voce terrorismo, 396 sono indagate e 74 sono state espulse. L'ultimo campanello d'allarme suona in Germania viene catturato Mohammed Lahlauoi, marocchino in contatto, secondo l'Espresso, con i kamikaze di Bruxelles. Il 22 marzo, giorno delle stragi, il marocchino riceve sul suo cellulare due sms più che sospetti. Ora si dovrà scavare suo presente e sul suo passato. Fra il 2007 e il 2014 Lahlauoi era in Italia, in provincia di Brescia, e aveva messo su un curriculum da piccolo criminale legato allo spaccio.

Poi, chissà se in Italia, la conversione al radicalismo islamista.

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