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"Annullare l'opera ci costerebbe due miliardi"

L'esperto: perderemmo 8mila posti di lavoro, senza calcolare i danni ambientali al territorio

"Annullare l'opera ci costerebbe due miliardi"

Roma - «Un conto è buttare via 2 miliardi di euro, un altro è capitalizzarli attraverso la realizzazione di una grande opera che porta indubbi benefici al Paese». Mario Virano, direttore generale di Telt (la società mista italo-francese che gestisce la realizzazione della Tav Torino-Lione), non tradisce particolare preoccupazione dopo le intemerate grilline associate all'ambigua previsione contenuta nel contratto di governo sulla «ridiscussione» dell'infrastruttura strategica che collegherà Francia e Italia. «Si tratta di un accordo internazionale ratificato da entrambi i Parlamenti e firmato da entrambi i presidenti della Repubblica», sottolinea auspicando che «un eventuale annullamento di quella decisione segua un'analoga procedura analoga: non bastano le parole di un leader politico e le decisioni di un Consiglio dei ministri».

Il costo del «no», ovviamente, rappresenterebbe il capitolo più doloroso per le tasche dei contribuenti. La Torino-Lione è finanziata al 50% dall'Unione europea, al 25% dalla Francia e per il restante 25% dall'Italia. «È chiaro che se l'opera non si realizzasse più, il contraente che decide la rescissione unilaterale del contratto dovrebbe rimborsare gli altri a valori attualizzati: gli 1,5 miliardi già spesi diventerebbero perciò circa 2 miliardi», osserva Virano. Una cifra che tiene conto dei 270 milioni erogati dal partner transalpino proprio venerdì scorso. I pentastellati, però, hanno la fissazione secondo la quale la Tav sia un'opera dannosa e, soprattutto, inattuale. Non è vero, replica il manager, ricordando che «sulle Alpi ci sono altri sette tunnel realizzati allo stesso modo tra i quali quelli del San Gottardo, del Monte Ceneri e del Brennero». Ne consegue che se l'Italia dovesse cambiare rotta, farebbe anche meglio ad abbandonare la Convenzione Alpina, un accordo internazionale tra i Paesi dell'area che si sono impegnati a trasferire il traffico merci dalla strada alla ferrovia anche in un'ottica di maggiore rispetto per l'ambiente e, aggiunge Virano, «questo spiega perché l'Ue destini alla Tav Torino-Lione il 40% di finanziamenti a fondo perduto».

Nel quadrante Nord-Ovest ogni anno circolano 3 milioni di camion. «Una cifra che è destinata a raddoppiare se si dice no al tunnel di base e alla Tav», evidenzia il direttore generale rimarcando come sia «impensabile rinunciare a un corridoio di 3mila chilometri che rappresenta la più importante rete europea collegando 80 milioni di persone e le tre aree manifatturiere più importanti del Continente oltre al Baden-Württenberg, cioè Catalogna, Auvergne-Rhône Alpes e il sistema Piemonte-Lombardia-Liguria». Le tre macroregioni insieme totalizzano il 17% del Pil europeo. Ultima ma non meno importante la ricaduta in termini di posti di lavori persi. «Oggi nei cantieri - afferma Virano - lavorano parecchie centinaia di persone provenienti dalle aree interessate e, quando sarà aggiudicato il bando da 5,5 miliardi, si raggiungeranno gli 8mila posti di lavoro incluso l'indotto per 10-12 anni».

Prima di parlare, conclude, «i leader farebbero meglio a visitare i cantieri».

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