Politica

Arriva l'avviso all'Appendino. È indagata anche per disastro

Venti persone sotto inchiesta per il caos in piazza durante la finale di Champions. Restano ignoti i motivi del panico

Arriva l'avviso all'Appendino. È indagata anche per disastro

Venti avvisi di garanzia. La ferita aperta nel cuore di Torino il 3 giugno scorso diventa un atto d'accusa che scuote la città e mette in difficoltà la giunta già ammaccata dalle recenti vicissitudini giudiziarie.

La sindaca Chiara Appendino, fiore all'occhiello dei Cinque stelle, è accusata di omicidio colposo, lesioni colpose plurime e, novità che si ignorava fino a ieri, anche di disastro colposo. Sulla carta rischia fino a un massimo di 20 anni di carcere, anche se in procura si sussurra che la sua posizione sia fra quelle meno pesanti ed è facile immaginare che almeno sul piano penale Appendino abbia discrete possibilità di passare il cerino nelle mani degli altri indagati. Fra i venti sotto accusa, chiamati a rispondere per ora in coro di tutti e tre i reati, ci sono il questore Angelo Sanna, il capo di gabinetto della questura Michele Mollo, l'ex capo di gabinetto del sindaco Paolo Giordana, il Rasputin dell'Appendino, scivolato malamente sulla vicenda di una multa presa da un amico, intercettato mentre si dava da fare per farla togliere e costretto a mortificanti dimissioni. Ancora, nel gruppo degli avvisati ci sono Maurizio Montagnese e Danilo Bessone, i due di Turismo Torino, l'ente strumentale cui il Comune aveva delegato la realizzazione dell'evento. Infine, nell'elenco compaiono i nomi di Angelo Bonzano, il dirigente della polizia responsabile quella sera in Piazza San Carlo e poi dirigenti dei vigili del fuoco, della polizia municipale, della Commissione civica, insomma di tutte le catene di comando che quel giorno non funzionarono a dovere.

Il 3 giugno tutto andò storto nel salotto buono di Torino. I quarantamila tifosi che speravano di festeggiare la Juventus furono di fatto chiusi dentro una sorta di trappola, senza vie di fughe adeguate. Anzi, le transenne formavano di fatto una diga insuperabile; il tutto fra controlli carenti, venditori abusivi liberi di circolare avanti e indietro per la piazza con le loro pericolosissime bottigliette di vetro, il parcheggio sotterraneo per ore terra di nessuno. L'elenco degli errori e delle mancanze è lungo e imbarazzante: non c'era un piano di emergenza e vista la situazione complessiva l'unica cosa da fare sarebbe stata annullare tutto. Invece la partita fu proiettata sul maxischermo. Poi qualcosa sconvolse la folla e cominciò il fuggi fuggi generale. Che cosa abbia provocato questo moto di isteria collettiva è tuttora un mistero e la Procura guidata da Armando Spataro lo riconosce in un comunicato in cui pure si sottolineano gli straordinari sforzi compiuti per accertare la verità: le due consulenze tecniche, le duecento testimonianze raccolte, i video esaminati, perfino l'aiuto chiesto a uno psicologo per comprendere le dinamiche delle masse.

La sera del 3 giugno resta una catastrofe nella storia del capoluogo piemontese con un bilancio finale impressionante: la morte di Erika Pioletti, dopo 12 giorni di agonia, oltre 1.500 feriti, fra cui una donna che oggi è completamente paralizzata, uno sfregio senza precedenti all'immagine dell'efficienza sabauda.

Naturalmente le singole posizioni dovranno essere accertate una ad una. Si dice per esempio che l'onnipresente Giordana non avesse chiarito al sindaco, nell'imminenza dell'appuntamento, i troppi punti critici rimasti senza soluzione. Nei prossimi giorni inizieranno gli interrogatori e si delineeranno meglio anche le strategie difensive.

«Offrirò come sempre la massima collaborazione agli inquirenti - commenta Appendino - poiché è interesse di tutta la cittadinanza che vengano ricostruiti i fatti e accertate le responsabilità».

Commenti