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Atene corre verso il «default» E le Borse europee affondano

Tsipras sbandiera ottimismo, ma nelle casse restano «solo due miliardi». Spread ai massimi, Milano perde 4 punti in due giorni

Venerdì 17, black friday : la spia rossa della «Grexit» lampeggia sui mercati. A lungo trascurato, rimosso collettivamente grazie soprattutto allo scudo protettivo della Bce, il rischio che Atene possa finire sul binario morto del default è ora percepito come alto dagli investitori. Ancora non c'è panico, ma nelle sale operative la tensione si tagliava ieri col coltello, davanti all'inarrestabile flusso delle vendite. Così, tutte giù per terra, le Borse: dopo aver lasciato sul parterre un altro 2,4%, da sommare al -1,7% di giovedì, a Milano in appena due sedute l'indice Ftse-Mib ha perso circa 1.000 punti. Male anche gli altri listini, in particolare Atene (-3%) e Francoforte (-2,6%). Ma i timori di una crisi di liquidità si sono amplificati anche sui mercati obbligazionari, con lo spread Btp-Bund schizzato a quota 140. «L'Italia si sta rafforzando: siamo protetti da qualsiasi choc», ha rassicurato il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan.

La reazione dei mercati è, per alcuni, la tardiva presa di coscienza di quanto ormai le chance di un accordo tra il governo Tsipras e i creditori siano ridotte al lumicino. Di come si arriverà al vertice di Riga di venerdì prossimo senza nessuna speranza di trovare una soluzione di compromesso in grado di sbloccare i 7,2 miliardi di euro di aiuti. Quattrini di cui Atene ha bisogno come l'aria. In cassa, sarebbero rimasti infatti due miliardi, appena sufficienti a pagare stipendi e pensioni. Indiscrezione smentita dal ministero delle Finanze, ma che non cambia lo stato delle cose: la liquidità della Grecia è agli sgoccioli, come peraltro ammesso dal ministro Yanis Varoufakis. Ed entro fine mese va restituito un miliardo al Fondo monetario internazionale, che ha già fatto intendere di non essere disposta a concedere proroghe ad Atene. I debiti vanno rimborsati, dunque. Una missione quasi impossibile. I primi a considerare la bancarotta più che un'ipotesi di scuola sono quei greci che hanno stipato sotto i materassi 15 miliardi dopo aver rottamato i propri conti correnti, la cui consistenza è scesa dai 160 miliardi del dicembre scorso a 135 miliardi a fine marzo. Le banche sono ormai alla canna del gas, e il ricorso a controlli sui movimenti di capitale potrebbe essere inevitabile. Tra coloro che si preparano al peggio ci sono anche le banche centrali dei Paesi vicini alla Grecia, da cui è partito l'ordinato alle filiali degli istituti ellenici di azzerare l'esposizione verso asset greci.

Tsipras, tuttavia, sbandiera un ottimismo ingiustificato, spostando a giugno la deadline della possibile intesa. Ma la pressione nei suoi confronti cresce. Sulla Grecia «non c'è un piano B», ha ammonito il commissario europeo, Pierre Moscovici. Traduzione: o si fa l'accordo, oppure c'è il default . E anche Barack Obama ha esortato Atene a «iniziare le riforme, raccogliere tasse, ridurre la burocrazia». Posto che dai lavori di Fmi e Banca Mondiale in corso a Washington non sortirà nulla, l'agenda prevede un week-end di incontri fra l'ex Troika, il governo greco e i rappresentanti del Fondo salva-Stati. Improbabile che vengano superati gli scogli (riforma fiscale e delle pensioni, privatizzazioni) su cui si sono finora arenati i negoziati.

Il tempo è sempre meno, lunedì riaprono i mercati e il destino della Grecia non appare luminoso.

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