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Atto di giustizia per i cristiani

La Turchia ricatta l'Europa e soprattutto la Germania. Ma soprattutto impone che l'Europa si inchini al Nuovo Sultanato

Angela Merkel e Recep Tayyip Erdoğan a Istanbul
Angela Merkel e Recep Tayyip Erdoğan a Istanbul

La Turchia ricatta l'Europa e soprattutto la Germania. Accoglie i rifugiati che Berlino, dopo averlo promesso, non è in grado di ospitare, ma vuole tre miliardi (già peraltro accordati) dall'Europa, esige per i suoi cittadini il libero ingresso nell'Unione Europea. Ma soprattutto impone che l'Europa si inchini al Nuovo Sultanato. Cioè rinunci ad essere almeno un pochino memore dei cristiani armeni sterminati dal governo ottomano islamico.

Per questo ora reagisce con durezza inaudita, paragonabile solo a quella manifestata contro il Papa il 12 aprile 2015, contro la decisione del Parlamento tedesco di riconoscere formalmente il genocidio armeno. Per una volta è la Germania che ci piace: è un atto di giustizia, il riconoscimento di un'evidenza. Ha un significato morale e identitario importantissimo. Non è affatto come sostiene Erdogan con i suoi alti papaveri un modo per gettare sugli altri le oscurità della propria storia, ma è una denuncia della propria complicità. Quando infatti furono sterminati con atto deliberato e crudeltà inaudita un milione e mezzo di cristiani armeni tra il 1915 e il 1916, i tedeschi erano alleati dell'impero ottomano, e sapevano bene l'orrore in corso nell'Anatolia. Tacquero. E lo fecero anche le potenze occidentali, specie la Gran Bretagna, causa la coscienza sporca. Fu questa capacità mostruosa di far finta di niente da parte dei cristiani e dei paesi democratici che convinse Hitler a ripetere in scala ancora più massiccia il genocidio. La Shoa contro gli ebrei prese le mosse proprio dalla convinzione nazista che lo sterminio assoluto degli israeliti sarebbe passato sotto silenzio come quello degli armeni. Per questo i tedeschi dovevano farlo, proprio oggi. I parlamenti italiano, francese, russo, eccetera.

Quello accaduto nel 1915 toccò tutti i cristiani, e colpì gli armeni perché cristiani, e infatti percosse anche ortodossi e cattolici, ma erano pochi, in nome di una pulizia nazionalistica che ammetteva solo l'islam come religione buona per tenere coesi i turchi.

Erdogan ha ripreso quel disegno. Vuole tornare ad essere insieme sultano e califfo. E lo vuole al prezzo della negazione dell'identità europea. Che non ha solo la radice cristiana, ma senza della quale di certo non esisterebbe. Francesco, sempre prudente quando si tratta di non ferire l'onore islamico, non ha avuto dubbi di qualificare come «primo genocidio del XX secolo» quello perpetrato contro i cristiani armeni e ha denunciato il suo perdurare nel corso di questa «terza guerra mondiale a pezzi».

Questo è il punto: il genocidio continua. Ha la forma della strage dove c'è l'Isis e dell'espulsione delle comunità cristiane che sono preesistenti a quelle musulmane dal Medio Oriente e dall'Asia Minore. Accadde nel 1915-1916 agli armeni proprio nelle stesse due forme e terre. Ora sono minacciati di strage in Siria, dove sono difesi dai russi (per fortuna), e rischiano di essere sopraffatti nel piccolo stato armeno che è nella medesima condizione di Israele, e deve difendere con le unghie e con i denti la sua esistenza dalla presenza aggressiva dell'Azerbaijan a Est e dalla Turchia a Ovest.

Intanto il Papa va in Armenia dal 22 al 24 giugno, e il motto del viaggio è «Visita al primo Paese cristiano».

Dio gliela mandi buona.

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