Cronache

È autistico e ha 11 anni La famiglia non lo vuole

«Casa Sebastiano» denuncia: «Lo Stato non aiuta i parenti e il piccolo finisce in affido"

È autistico e ha 11 anni  La famiglia non lo vuole

Conoscere a soli undici anni il dramma dell'abbandono. E forse non capirlo nemmeno fino in fondo, ma viverlo come uno strappo.

Un bambino è stato rifiutato dalla famiglia perché autistico e per questo si trova adesso in affido presso il Tribunale dei Minori. A denunciare la vicenda, avvenuta a Trento, sono stati gli operatori della Casa Sebastiano, una struttura all'avanguardia a Coredo, in val di Non, che si occupa proprio di autismo. Ma questa volta l'sos fa più male, perché secondo gli operatori i genitori del piccolo sono costretti ad allontanarsi da lui perché non sono stati aiutati e affiancati nella difficile battaglia di crescere un figlio che ha problemi.

E lui si troverà ancora più solo e spaesato, senza più il riferimento delle persone che amava, delle cose che conosceva e gli davano forse sicurezza.

«Un giorno come un altro il telefono squilla - racconta ancora incredulo un operatore del centro - all'altro capo l'assistente sociale di un'altra regione chiede informazioni: Dobbiamo trovare una sistemazione per un bambino di 11 anni con diagnosi di autismo».

Accade spesso che Casa Sebastiano riceva richieste di questo tipo, non solo dall'Italia ma anche dall'estero. Famiglie o operatori che chiedono consigli o informazioni sui servizi. Ma questa volta è diverso. E fa ancora più male. «La famiglia non lo vuole più, non vuole più tenerlo», spiega l'assistente sociale.

«Le parole rotolano fuori dal telefono, come massi, travolgenti, indomabili - afferma la Fondazione -. Se la famiglia per undici anni è stata a fianco al piccolo e non l'ha abbandonato a se stesso, vuol dire che questa decisione è arrivata in un momento di profonda crisi. È mancato il supporto delle Istituzioni, i servizi, l'aiuto necessari a che un bambino e i suoi genitori possano affrontare insieme la drammaticità di una disabilità dura, a volte durissima».

«I familiari - continua e denuncia pesantemente la Fondazione - non hanno intravisto una strada, perché esiste la possibilità di affidarsi ai servizi sociali per un periodo usufruendo di residenzialità o centri diurni. Se questa famiglia si è arresa, vuol dire che le Istituzioni hanno fallito. È venuto meno il patto di aiuto ai deboli, il mandato etico, ancor prima che costituzionale, fondamento di ogni società che voglia dirsi civile, di sostegno ai componenti più fragili delle nostre comunità».

La Fondazione ora si batte per cercare una nuova sistemazione, che possa accogliere il bambino e che sia anche adeguata ad assisterlo ma non è semplice e soprattutto non sarà facile per l'undicenne costretto ad essere lontano dalla sua famiglia

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