Politica

Autobomba contro i militari 28 morti e 60 feriti ad Ankara

Colpito un convoglio di soldati, sospetti sui curdi ostili al governo Il premier Davutoglu annulla la presenza al vertice europeo di oggi

U na colonna di fumo a trecento metri dal Parlamento turco e dalla base dell'esercito, mentre era in corso un vertice di alto livello nel Palazzo presidenziale con il presidente Recep Tayyip Erdogan. Ankara scossa nella serata di ieri da una forte esplosione, con almeno 28 morti e 60 feriti. Un'autobomba è stata fatta saltare in aria al passaggio di un camion militare che trasportava truppe nella zona centrale di Kizilay. Sul posto un gran numero di ambulanze e vigili del fuoco.Su Twitter il ministro della giustizia Bekir Bozdag ha cinguettato che l'attacco è stato un atto di terrorismo e, pochi minuti dopo, il premier Ahmet Davutoglu ha annullato il viaggio a Bruxelles dove oggi avrebbe dovuto partecipare al Consiglio d'Europa e al trilaterale con Merkel e Tsipras per il dossier migranti. Subito dopo l'attacco il Consiglio Supremo della Turchia per la Comunicazione (RTÜK) ha annunciato un divieto di copertura mediatica dell'incidente, così come accaduto trentacinque giorni fa per il kamikaze di Sultanahmet. Nel Parlamento in quei frangenti era in corso una seduta, con il vicepresidente Akif Hamzah che non ha accettato di sospenderla: «Non si può fermare il lavoro dell'Assemblea a causa di attacchi terroristici» ha detto, mentre molti erano i deputati favorevoli allo sgombero. Nei concitati minuti post esplosione anche un giallo: prima il ministero della Salute turco ha diffuso un alert per richiedere dosi massicce di sangue, salvo fare marcia indietro mezz'ora dopo.Appena un mese fa vittime della violenza erano stati i turisti in piazza Sultanahmet a Istanbul, con un kamikaze siriano che si era fatto esplodere, a pochi passi da Santa Sofia e dalla Moschea Blu. E l'attentato di ieri giunge a tre mesi dal folle gesto di due attentatori suicidi, che avevano colpito un raduno di attivisti filo-curdi all'esterno della principale stazione ferroviaria della capitale, uccidendo più di cento persone. Il rapporto tra il pugno di ferro di Erdogan e i militanti curdi negli ultimi anni ha prodotto solo strappi. Da tempo l'epicentro dei disordini nel paese si ritrova nella strategia del presidente che dopo essere succeduto al più democratico Gul, ha deciso per il muro contro muro con il Partito dei lavoratori del Kurdistan fuorilegge (PKK), che ha risposto con la clava gli attacchi contro obiettivi militari, nella maggior parte concentrati nel fazzoletto a sud-est a maggioranza curda. A cui Erdogan ha controreplicato, oltre che con la forza, anche invocando un complotto ad opera del suo ex sodale Gulen. Senza dimenticare la posizione inizialmente ambigua che lo stesso Erdogan ha tenuto contro l'Isis prima della crociata della Nato pro Ankara, con video che mostravano il passaggio di adepti del Califfato su suolo turco. La partita è ampia e articolata su più fronti. Da un lato è chiaro che ad Ankara non vedono di buon occhio il massiccio acquisto di armi che l'Egitto ha fatto dalla Russia. Il generale Al-Sisi e Vladimir Putin sono uniti da un profondo sentimento di anti-islamismo, passaggio propedeutico alla nuova cooperazione tra un Egitto orfano degli Usa e la Russia, che ha recentemente fornito una centrale nucleare al Cairo. Dall'altro la tensione resta altissima anche perché la Turchia continua a considerare le forze curdo-siriane del Pyd «terroristi» legati al Pkk, mentre Mosca mette l'accento sul fatto che è la Turchia a fornire armi all'Isis. Per questo motivo Ankara non vorrebbe che la città siriana di Azaz fosse occupata dalle forze curde.

Il motivo? Si trova sul sentiero usato (pare) dai turchi per rifornire i miliziani dell'Isis.twitter@FDepalo

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