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Autonomia, la pazienza dei veneti sta finendo

Autonomia, la pazienza dei veneti sta finendo

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Autonomia, la pazienza dei veneti sta finendo

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Caro direttore,

il 22 ottobre 2017 lombardi e veneti sono andati a votare in massa al Referendum per l'Autonomia. Qui in Veneto alle urne si erano presentati quasi 2 milioni 400 mila elettori, praticamente metà della popolazione. Risultato: 98% di Sì al grido di Autonomia subito! e di Ora o mai più! con grande sventolio di bandiere del leone di San Marco e, sotto la pioggia, lunghe code ai seggi. Invece, dopo un anno e tre mesi da quel plebiscito, l'Autonomia è ancora un sogno da realizzare. Il governatore Luca Zaia e il ministro Erika Stefani si sono impegnati al massimo fin dall'inizio ma oggi paiono combattere contro i mulini a vento dell'indifferenza governativa. Nonostante Luigi Di Maio, in visita ad Alleghe, abbia ribadito nei giorni scorsi che «i veneti avranno l'autonomia» i ministri 5 stelle, in particolare Lezzi, Toninelli e Grillo, continuano a chiedere zapprofondimenti» e ad infilare i bastoni tra le ruote. La senatrice Nugnes ha dichiarato addirittura di preferire la caduta del governo all'avvento dell'Autonomia, e molti altri parlamentari grillini sono dello stesso avviso. Dopo una preintesa firmata obtorto collo dal governo Gentiloni lo scorso febbraio, è iniziato lo stallo e il balletto dei rinvii. Dal 2 ottobre giace sulla scrivania del premier Conte una bozza di accordo governo-regioni che la vicentina Stefani si augurava fosse firmato il 22 ottobre scorso a un anno dal voto. Matteo Salvini aveva garantito che la svolta decisiva sarebbe avvenuta entro Natale, Di Maio aveva parlato di fine anno. Dopodiché si è programmato un nuovo cdm il 15 gennaio e un altro il 15 febbraio con un accordo finale, ha specificato il vicepremier e ministro degli Interni, entro il 21 marzo. Va da sé che, nonostante l'ostentato, sincero ottimismo di Zaia, sono oggi in molti in Veneto a sospettare che l'esecutivo sovranista, in vista delle Europee, stia ciurlando nel manico. In prospettiva non si parla più degli agognati costi standard ma dei soliti costi storici, e non più di trasferimenti del residuo fiscale ma di compartecipazione di Iva, Irpef e altre imposte. Se dev'essere Autonomia, che non sia farlocca. Gli autonomisti cominciano a nutrire dubbi e sospetti mentre gli indipendentisti sui social parlano di presa per i fondelli, di pura propaganda per mantenere consenso in vista delle Europee. Addirittura molti insinuano che sia lo stesso Salvini a zavorrare l'Autonomia nel timore che, ottenendola, il governatore Zaia, il più amato in Italia col 67% dei favori, possa allargarsi troppo. Dal canto suo il presidente del Veneto si mostra fiducioso ma pochi giorni fa non ha mancato di precisare che non firmerà mai per una Autonomia annacquata che non preveda tutte le 23 competenze richieste e annesse risorse. La paura non solo di Zaia è che Lega e 5 stelle vogliano concedere una finta Autonomia per non perdere la faccia. Ai veneti per ora bastano e avanzano l'azione e i risultati ottenuti da Salvini sul fronte dell'immigrazione (chiusi definitivamente gli hub di Cona e Bagnoli) e della sicurezza. Ma le aspettative create da quanti hanno sponsorizzato il Referendum costato 14 milioni di euro erano e rimangono enormi. Che non sarebbe stata una passeggiata lo sapevano anche i sassi, ma nessuno immaginava la latitanza di un governo «amico» incapace, dopo un anno e tre mesi di promesse e di annunci «storici», di cavare un ragno dal buco. Il governo gialloverde farebbe male a sottovalutare l'importanza attribuita dai veneti all'Autonomia e a continuare sulla strada dei rinvii e degli alibi. Il populismo del no alle grandi opere e della decrescita felice ai veneti non piace affatto. La mancanza della flat tax e il blocco dell'indicizzazione delle pensioni sopra i 1.500 euro hanno avuto conseguenze pesanti. L'aria sta cambiando e anche i più ottimisti cominciano a perdere la pazienza. Primi tra tutti gli imprenditori che accusano il governo di aver fatto poco o nulla per il settore produttivo e la crescita. I moderati mordono il freno e sperano di tornare in campo al più presto. Sui social fioccano parodie e battute. Una per tutte: no Autonomia no party. Chissà che i diòscuri del governo sovranista non se ne accorgano correndo ai ripari prima che sia troppo tardi.

*direttore News Medianordest

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