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Gli azzurri corteggiati. Ma i vertici di Forza Italia lavorano per l'unità

Fioccano smentite dai senatori considerati più vicini all'addio. Le telefonate del Cav

Gli azzurri corteggiati. Ma i vertici di Forza Italia lavorano per l'unità

«Se proprio volete, vengo. Ma per fare il ministro della Giustizia, che quello vostro è troppo giustizialista eh». Raccontano, in Senato, che l'azzurro Luigi Vitali avrebbe risposto così ad un senatore dem che cercava di convincerlo a saltare il fosso. Una provocazione, ma che sia uno dei più pressati per farsi «responsabile» e aiutare Giuseppe Conte lo conferma lui stesso. E non chiude la porta del tutto, un po' come ha fatto la senatrice dell'Udc Paola Binetti.

«Sono stato contattato come tanti altri - dice l'ex sottosegretario alla Giustizia ed ex coordinatore pugliese -, ci sono dei pour parler, ma allo stato non vedo i margini per passare al secondo punto. La strada è molto stretta. Per la mia storia non posso sostenere un governo con un ministro della Giustizia come Bonafede. Mercoledì interverrò nel dibattito e voterò contro la sua relazione». Vitali spiega che gli inviati del premier continuano a lavorare, soprattutto al Senato, per trovare appoggi al governo orfano di Italia viva, ma c'è uno stallo delle trattative. Si attende di capire di più sull'allargamento della maggioranza e su un rimpasto a palazzo Chigi. E Vitali non auspica, come i vertici, che il Conte ter fallisca e il centrodestra lo sostituisca, con il voto o no, ma che «la maggioranza si ricompatti, perché il centrodestra vincerebbe oggi, nel 2022 e nel 2023 e non vedo perché dovrebbe assumersi oggi le responsabilità per una situazione che non ha creato». Teme, però, che «se Conte non riesce a trovare un gruppo consistente di parlamentari, anche omogenei, si vada a votare».

È la paura delle urne, con il taglio dei parlamentari e il calo dei consensi di Fi, che può spingere i singoli a cambiare casacca per garantirsi un seggio sotto altre bandiere. Silvio Berlusconi e i suoi lo sanno bene e, dopo il «tradimento» di Rossi, Causin e Polverini hanno raddoppiato il controllo per evitare altre fughe. Proprio per Causin potrebbero seguire l'esempio altri 10-15. Non è facile escluderlo, ma da Fi assicurano che non c'è sentore di qualcuno che si stia allontanando. Il Cavaliere, comunque, fa più telefonate del solito per tranquillizzare i suoi parlamentari, il vicepresidente Antonio Tajani rassicura, gratifica, indaga, la capogruppo al Senato Anna Maria Bernini organizza quotidiane riunioni e cerca di stare vicino ad ogni singolo azzurro, la sua collega alla Camera Mariastella Gelmini anche, ma a Montecitorio il rischio è più basso.

Qualcuno al Senato è stato fermato sull'uscio, come la bella Carmela Minuto di Molfetta, il cui seggio conteso dal collega Michele Boccardi ora sembra più sicuro. Dopo il ricorso Fi in Giunta per le elezioni ha votato contro di lei, ma in aula pare che cambierà idea. E garanzie sarebbero venute anche dal fidanzato leghista Davide Bellomo, capogruppo al Consiglio regionale pugliese. «Si sono fatte mille illazioni sul mio conto, tutte prive di fondamento - dichiara lei adesso -. Ho votato contro la fiducia al governo Conte e così continuerò a fare restando all'interno del centrodestra».

Sono una sfilza, le smentite. Dice il senatore e coordinatore regionale di Fi Lazio, Claudio Fazzone: «Ho appreso, con estremo stupore, la notizia di un mio avvicinamento alla attuale maggioranza di governo. Si tratta di una notizia priva di qualsiasi fondamento». Amareggiata, la senatrice Barbara Masini assicura: «Non sto trattando con nessuno, nemmeno mi hanno cercato perché ho messo le cose in chiaro».

E Virginia Tiraboschi, sempre dal Senato: «Non sosterrò Conte anche se resto critica su molte posizioni del centrodestra».

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